Era il 13 luglio del 1937, l’Italia viveva gli anni del fascismo che si avvicinava pericolosamente a Hitler, un’Italia da un lato ancora euforica per la conquista dell’Etiopia, dall’altro nervosa per le sanzioni che la comunità internazionale le aveva imposto. Avvicinandola ancora di più al mostro hitleriano. In quel 13 luglio due giovanotti freschi di Accademia delle belle arti di Brera decisero di prendere bicicletta, tenda della guerra ’15-18, pentolame vario, zaino e di partire alla scoperta dell’Italia dei capolavori dell’arte, “Per vederli dal vero”.
Settantotto anni dopo, questo pomeriggio, venerdì 23 ottobre, alle 18, uno dei due protagonisti, il grande pittore bergamasco Trento Longaretti (nella foto), racconterà quella esperienza nella libreria Palomar di via Angelo Maj. Ci sarò anche io a dialogare con lui. Mi sembra un’occasione meravigliosa, nel vero senso della parola: la meraviglia del potere parlare con un uomo che ha 99 anni suonati, un grande artista, che per di più racconterà di una vicenda ciclistica “antica” eppure moderna, modernissima. Oggi è di moda andarsene in giro per l’Italia e l’Europa in bicicletta. Settantotto anni orsono non era così.
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Trento Longaretti di quella esperienza ha scritto un piccolo libro, “In viaggio con l’Uboldi” e lo presenterà proprio questa sera. Un piccolo libro ottenuto grazie al diario che Longaretti tenne in quei giorni lontani e grazie ai disegni che fece su un taccuino. “In viaggio con l’Uboldi” perché Gian Luigi Uboldi era l’amico che lo aveva accompagnato e con cui aveva condiviso tutti quei momenti,  quelle pedalate sulle strade di terra battuta.
Longaretti e Uboldi attraversarono l’Italia centrale, arrivarono fino a Roma e Pescara passando per Siena, Firenze, Spoleto, Assisi e poi andarono nelle Marche, videro i capolavori di Lorenzo Lotto, salirono a Ravenna, si immersero nell’arte bizantina e poi salirono a Venezia, Padova. Si confrontarono con Giovanni Bellini, Domenico Guardi, Tiziano, Giotto. Due mesi di pedalate, circa mille e cinquecento chilometri percorsi sotto acqua, sole, vento. Non c’erano i materiali e capi d’abbigliamento di oggi e in diverse occasioni i due ciclisti si ritrovano bagnati fradici e con la tenda che pure faceva acqua da tutte le parti e allora cercavano rifugio in qualche casa.
Era un’Italia diversa, dove le porte ancora si aprivano per ospitare semplicemente dei viandanti. Scriveva Longaretti il 24 luglio 1937 a Monte San Savino: “Sono le 11 di sera e mi sono steso or ora sulla coperta. La tappa è stata faticosa e sono molto stanco. Siamo vicino ad Arezzo. Poi viaggerò in luoghi a me sconosciuti… La tenda dove sono ora è piantata sotto le mura di una cittadina antica, proprio sotto una torre medievale e pittoresca. Noto un andirivieni di formiche e formiconi poco entusiasmante…”

Paolo Aresi

Paolo Aresi

Paolo Aresi – giornalista e scrittore.
Dal 2015 cura la rubrica “#AMOLABICI, le Cicloctorie di Paolo Aresi” sul sito www.bicitv.it.
Il ciclismo è una sua grande passione, ha trascorso l’infanzia tifando Felice Gimondi.
Pedala con una certa energia, ma il poco tempo a disposizione lo penalizza.