#AMOLABICI – Un tuffo in un altro mondo, con le biciclette dei mestieri
Giorgia Palmas è una gran bella donna, niente da dire, e le maglie disegnate dal nostro Santini, a cominciare dalla Maglia Rosa per il Giro d’Italia sono sicuramente eleganti. Ma a far da madrina per il Giro non era forse il caso di chiamare una bella ragazza che si è distinta anche per meriti sportivi? Non so, la butto lì.
E ritorno alle maglie che mi hanno fatto tornare in mente la fantastica collezione conservata al “Museo del Falegname Tino Sana”. Dietro questo nome così semplice, e limitante, si nascondono perlomeno tre musei, uno dedicato alla “civiltà del legno” (di una ricchezza che non potete immaginare), un altro al mondo dei burattini e della civiltà contadina e un terzo alla bicicletta. Al Museo di Tino Sana ad Almenno San Bartolomeo, su al primo piano, potete fare un tuffo nel mondo della bicicletta, da tutti i punti di vista. Ci sono la raccolta delle bici dei mestieri, alla quale ho già accennato qualche settimana fa, quella che documenta la storia della bicicletta e, infine, le biciclette dei campioni.
Bici dei mestieri. Trentacinque biciclette dedicate ad altrettanti lavori, i più disparati: dal fotografo, al gelataio, al barbiere, arrotino, scrivano, pompiere, falegname, ciabattino… Tutte le bici sono originali e in perfetto ordine. Se stai lì a guardarle bene, se osservi la penna con il pennino e il calamaio sulla mini-scrivania incastrata nel manubrio della bici dello scrivano; se stai a guardare il pennello e il rasoio del barbiere e la bacinella di metallo smaltato che portava dietro… se guardi i particolari minuti allora è possibile fare un salto nel tempo e vederli davvero questi uomini con i calzoni alla zuava che percorrevano decine di chilometri per portare il loro lavoro ai paesini e alle cascine sperdute nella pianura. Perché mica esisteva il negozio di fotografo nei piccoli paesi. E tanti non avevano nemmeno il barbiere o il gelataio. E poi tanta gente in quegli anni ancora non sapeva scrivere, e doveva compilare documenti, oppure mandare una lettera al figlio militare, oppure alla fidanzata… Arrivava in bici lo scrivano, con i suoi fogli bianchi e i suoi inchiostri… E arrivava il barbiere con le sue salviette bianche e un poco profumate di colonia e il rasoio da affilare sulla cinghia di cuoio a ogni rasatura…
Un tuffo in un altro mondo. E poi dal Tino Sana ci sono le biciclette storiche. C’è la draisina, la prima bicicletta, ancora senza pedali e senza freni, una sella e due ruote unite da un semplice telaio che si ispirava alla linea del cavallo, ma al posto delle quattro zampe aveva due ruote. Fu un’idea del barone Karl Christian Ludwig Drais von Sauerbronn. La grande invenzione era lo sterzo applicato alla ruota anteriore. Il barone si faceva chiamare semplicemente Drais, perché era un sincero democratico e non voleva venire appellato con nomi sfarzosi. Da Drais ecco “Draisina”.
E poi al museo si possono ammirare esemplari che mostrano l’evoluzione della bici; l’introduzione dei pedali sulla ruota anteriore gigante con il biciclo (verso il 1860). La prima bicicletta con la trasmissione a catena, la “Rover”, realizzata nel 1884 da John K. Starley in Inghilterra, il primo pneumatico del 1888 prodotto da un tal Dunlop… E via via fino alle biciclette moderne. Al museo potrete ammirare le biciclette usate dagli eserciti durante le guerre…
E, infine, le biciclette dei campioni. Ma di queste parleremo la prossima volta. Buone pedalate!