#AMOLABICI – Le fotografie sono una macchina del tempo
Domenica scorsa, ho pedalato. Una pedalata pomeridiana, in una luce radiosa, con il vento fresco che mi spingeva verso la Valle Imagna. Sono passato da Almenno San Bartolomeo, ho visto un campo giallo di colza e, in fondo, il tempietto rotondo di San Tomè. In quel punto si fa un po’ fatica perché la strada sale un poco.
Io guardavo San Tomè e meditavo di fare una fotografia perché quell’unione di natura e di cultura non si poteva dimenticare e le fotografie aiutano. Soprattutto dopo qualche anno. Sono come dei post it. Sono frangenti della nostra vita che restano fissati. Perlomeno la loro immagine rimane fissata, per sempre. O quasi.
Ma quella immagine ci riporta indietro nel tempo, è capace di farci ricordare tante cose: sentimenti, emozioni, parole, amori perduti e amori ritrovati. La tenerezza per i nostri figli quando erano piccoli. La bellezza di un luogo, di un momento. Di un bagno nel mare. Una passeggiata in montagna. Ci sono persone che le ricordiamo bene più per merito delle fotografie che della nostra memoria. Il viso di un nonno morto quando noi eravamo piccoli. Le facce dei compagni di scuola delle elementari. Il volto che aveva tua moglie quando aveva precisamente trent’anni, in quell’estate in vacanza in Sardegna.
Le fotografie sono una macchina del tempo, come gli odori. Senti un odore particolare e di colpo vieni proiettato in un mondo lontano, una scena accaduta molti anni prima. Vi capita mai? La “macchina del tempo” può rivelarsi micidiale; può portare una forte sensazione di tenerezza, di gioia, di incanto. Oppure suscitare una terribile nostalgia. Un desiderio di tornare indietro nel tempo, di ripercorrere quelle strade che ormai non ci sono più, sono passate, estinte, cancellate nella corsa di questa realtà. La nostalgia fine a se stessa non aiuta, fa solo del male. Il ricordo invece nel momento in cui ci riempie di emozione ci spinge ad andare avanti, a provare di nuovo, a cercare nel futuro le cose belle della vita che magari abbiamo già provato nel passato.
E così sono arrivato a Strozza e ho girato la bici e sono tornato a casa, giù al Brembo, ponte, su ad Almè, quindi Sombreno, Madonna del Bosco, Longuelo: giusto in tempo per guardare il finale della Liegi-Bastogne- Liegi, che mi è sembrata una classica di una volta con vento, pioggia, neve e, infine, un raggio di sole. Ho fatto il tifo per Albasini che davvero meritava la vittoria, invece l’ha spuntata Wouter Poels.
Comunque onore al merito!