Si intitola “Gimondi, una vita a pedali”, è uno spettacolo teatrale che dura circa un’ora, esordisce domani sera, sabato 9 luglio, a Bariano (Bergamo), in piazza. Verrà replicato a fine mese a Sombreno e a Pedrengo; fa parte del festival DeSidera.
Il testo l’ho scritto io adattando parti del romanzo “La vita a pedali” che avevo pubblicato alla fine del 2014 con l’editore Bolis. Parla di Felice Gimondi bambino e ragazzo e soltanto nell’ultimo capitolo appare il grande campione: è il racconto degli ultimi dieci chilometri del campionato del mondo di Barcellona, la prima domenica di settembre del 1973, la corsa che Felice Gimondi vinse battendo Merckx, Maertens, Ocana.
Di questo ultimo capitolo era già stata fatta una “lettura scenica” da parte dell’attore Maurizio Tabani, lo scorso anno anche in occasione del compleanno di Gimondi. Ora invece si tratta di una rappresentazione vera e propria, che riprende diverse parti del libro, adattate per la forma teatrale. Regista è Alberto Salvi, protagonista Matteo Bonanni, alla fisarmonica ci sarà Gino Zambelli. Quindi recitazione, quindi musica, luci, ma anche filmati d’epoca montati in modo sapiente, e suggestivo.
Sono contento che un mio romanzo diventi opera teatrale (era già successo con “Oberon, l’avamposto tra i ghiacci”). Ma più ancora sono soddisfatto perché una storia di ciclismo sale sul palcoscenico e diventa recitazione, diventa spettacolo, diventa emozioni da convivere insieme con decine e decine di persone, contemporaneamente.
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Il romanzo ognuno lo legge per conto suo, lo vive nella sua mente, nel suo cuore. Al limite, poi, ne parla con qualcun altro. Il teatro invece è un rito collettivo, la recitazione arriva alla platea intera, a cento persone che stanno con gli occhi spalancati e il cuore che batte. E sorridono o ridono, o magari sentono una lacrima premere sul bordo degli occhi.
Il teatro è un’arte di particolare valore, anche civile. Come il ciclismo è uno sport di particolare valore. Il teatro è un rito collettivo e il ciclismo pure. Il palcoscenico della strada, delle salite e delle discese, dei volti maschere di fatica. Il palcoscenico del teatro. La verità della strada e la finzione del palcoscenico. Ma dietro la finzione del teatro, del racconto, batte una verità profonda, il desiderio di andare nel profondo, lo stesso fuoco della passione che anima ciclisti e tifosi.
Riuscirà il “mio” spettacolo a ricreare un mondo, quel mondo degli Anni Cinquanta che con enormi sacrifici è emerso dalla guerra e ha creato la fortuna e la ricchezza nella quale ci muoviamo? Il mondo di Felice Gimondi bambino. Riuscirà ad accendere il fuoco della passione e a fare brillare gli occhi degli spettatori? Magari qualcuno di voi lo vedrà e vorrà dirmi che cosa ne pensa.
Buone pedalate.