Glielo avevo promesso. Lo avevo promesso tre anni e mezzo fa, quando uno dei più grandi tifosi di Fausto Coppi, uno sportivo capace di citare a memoria pezzi di articoli di De Martino, venne colpito da un grave ictus che lo lasciò in carrozzina, fortemente menomato nei movimenti, ma ancora lucido nella mente. Per diverse ragioni, non aveva ancora potuto realizzare un sogno della sua vita: andare alla casa di Fausto Coppi a Castellania, recare omaggio alla tomba di Fausto e di Serse.
Glielo avevo promesso e martedì scorso la promessa è stata mantenuta. Siamo arrivati a Castellania percorrendo le colline di Tortona, a un paio di ore da Bergamo. Paesini di poche case e nessuna anima viva in giro. Non un negozio, non un caffè. Soltanto campi e pendii e grano tagliato, grano ancora da mietere, vigneti, mais verde e alto. E la strada stretta che sale e scende. “Ecco, queste erano le sue strade, lui tutti i giorni le faceva per andare a lavorare a Novi Ligure quando era un ragazzino”.
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Eccoci a Castellania. Ovunque fotografie del campionissimo, come grandi arazzi appesi sui muri delle case. Fausto al Tour, Fausto immenso al Giro d’Italia che si alza sui pedali e dietro svettano le pareti delle Dolomiti. Il fratello Serse. Il monumento, il mausoleo. La sua casa. Ad aprire viene la signora Anna che è fra i pochi abitanti residenti ancora a Castellania. “Ho cominciato a fare la guida per sostituire una persona, poi mi sono appassionata. Entrare nella casa di Fausto mi dà un’emozione particolare, raccontare la sua vita mi fa stare bene. Non so perché. Lui non me lo ricordo in vita, ero troppo piccola quando è morto”.
La signora Anna ci introduce nell’abitazione. Al piano terra la cucina, il tinello. Ovunque fotografie, pagine di giornali. Lui, il signor Piero, non ce la fa più. Scoppia in singhiozzi. La memoria di Fausto si è fatta improvvisamente troppo forte. L’avanzare dell’età rende fragili o forse soltanto toglie quella corazza con la quale tutti ci schermiamo per non fare emergere i sentimenti profondi.
Il signor Piero rivede Fausto, improvvisamente, quella volta che dopo il trofeo Baracchi lo rincorse fino all’albergo per avere un autografo. Quando lo vide scattare sulla Crespera al mondiale di Lugano del 1953 che Coppi stravinse. Ripete il signor Piero: “Non c’è stato più nessuno come lui”. In realtà Merckx ha vinto molto di più. Eppure è vero: nessuno è più stato come lui. Campionissimo nella sua fragilità. Imprese memorabili come i 190 chilometri di fuga, i cinque colli e la vittoria nella Cuneo-Pinerolo dando dodici minuti al secondo, Gino Bartali. E poi crisi profondissime.
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Lui era così profondamente umano.
Al piano di sopra il signor Piero non è potuto salire, non ci sono ascensori. Allora il cappotto di Fausto, ancora appeso alla gruccia gliel’ho portato giù e lui è rimasto a guardarlo, ha detto solo “Me lo ricordo questo cappotto”. E ho visto nei suoi occhi in maniera distinta scorrere la vita di quegli anni Cinquanta di rinascita, di Ricostruzione, di Seicento e di Lascia o Raddoppia, di De Gasperi e Togliatti, e di Coppi e Bartali. Ho visto tanta nostalgia, certo.
Poi siamo risaliti in auto e siamo partiti. In autostrada ho chiesto al signor Piero: “Sei contento papà?”. Mi ha guardato, gli occhi gli ridevano.
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