#AMOLABICI – L'oro di Viviani, il lungomare di Anzio e i profughi di guerra
“Il body per le prove contro il tempo (inseguimento, chilometro e giro lanciato) era talmente aderente che dovevo mettermi il borotalco per infilarlo, era come un adesivo”. Lo ha spiegato Elia Viviani sulla Gazzetta dello Sport parlando della sua corsa, della sua meravigliosa medaglia d’oro olimpionica. Viviani parlava anche dei materiali, del body preparato da Castelli e testato nella galleria del vento del Politecnico di Milano, dei tubolari Vittoria, della bici Bolide di Pinarello con il manubrio disegnato in 3D. Costo del manubrio: 20 mila euro. Mica male.
Viviani ha fatto finalmente sorridere il nostro ciclismo su pista e ha fatto rinascere la speranza che questo ciclismo ritorni alla grande popolarità che ha sempre avuto, dagli albori della storia a pedali fino alla fine degli Anni Settanta. Chi ricorda gli Anni Cinquanta parla di velodromi gremiti di tifosi, migliaia e migliaia di tifosi anche in Italia, come in tutta Europa per assistere alle sfide fra campioni come Maspes, Beghetto, Gaiardoni, il nostro Guglielmo Pesenti che a Melbourne vinse la medaglia d’argento olimpica nella velocità su pista. La pista è spettacolare, difficile capire perché in Italia abbia registrato un crollo dell’attenzione da parte degli sportivi.
Ma la vita è così, si cade e ci si rialza. Anche lo sport segue le stesse leggi.
Mi sono concesso ben tre settimane di vacanze, compresa la visita ai parenti, sul litorale a sud di Roma. Una mattina presto ho preso la mia Bianchi e ho fatto una sgroppatina, una quarantina di chilometri sul mare, fino ad Anzio e a Nettuno; ho costeggiato il Tirreno. E’ sempre una meraviglia guardare il mare. A volte penso che potrei stare lì a osservare l’andare e venire delle onde per delle ore senza stancarmi.
Il bello del mare è che è sempre uguale eppure sempre diverso con la sua spuma bianca alla spiaggia, con le zone di azzurro, di verde, di blu… E’ una zona particolare questa a sud di Roma, ci sono luoghi veramente brutti, dove non c’è cura, le strade sono piene di buche, gli edifici malmessi, i marciapiedi a tratti inesistenti, la spazzatura buttata un po’ ovunque.
E ci sono parti dove la musica cambia. Per esempio ad Anzio tutto appare curato, ben tenuto, il porticciolo, i negozi, il lungomare con l’ampio marciapiede dove tanti vanno a fare jogging… Sono passato con la mia Bianchi celeste come il mare e osservavo queste cose.
E a un certo punto mi sono fermato e ho pensato che lì, su quella spiaggia rettilinea lunga chilometri, sono sbarcati cinquantamila ragazzi che parlavano inglese. Non erano profughi. Erano soldati che tra il 22 e il 23 gennaio del 1944 hanno toccato il suolo italiano per un’ideale, per dire no al dominio della follia nazifascista. Sono sbarcati qui sulla sabbia bianca, qui dove oggi tante belle ragazze prendono il sole in bikini e neppure sanno di quei ragazzi.
Ho pensato che io ero lì davanti al mare, libero, con la mia bicicletta, anche grazie al sacrificio di quei ragazzi. Nello sbarco morirono circa diecimila soldati tra gli alleati, forse qualcuno di meno fra i tedeschi. Migliaia di giovani vite umane spezzate.
Ho pensato che noi oggi non viviamo la guerra, grazie al cielo. Ma che ci sono molti luoghi della terra dove invece si combatte, esplodono bombe, echeggiano raffiche di mitragliatrice. Aleppo è un nome che vale per tutti. La Sirte nella vecchia Libia. I palestinesi che vivono in condizioni proibitive nei territori circondati da Israele.
Non dimentichiamoli. Quando anche pedaliamo e siamo felici ricordiamo chi non è fortunato come noi e da Paesi di inferno fugge e cerca un po’ di speranza anche nella nostra, buona Italia.
Buone pedalate a tutti.