#AMOLABICI – Il sorrido di Chaves e il cuore di Rosa
Vince Chaves e il suo sorriso ci riporta indietro di alcuni mesi, ci riporta a quel Giro d’Italia vinto in maniera entusiasmante da Vincenzo Nibali che alla fine della corsa aveva superato proprio lui, il giovane colombiano. E Chaves era arrivato al traguardo di quella penultima tappa sconfitto, battuto, eppure felice. Felice di essere arrivato comunque secondo al Giro d’Italia, non al circuito degli assi di Pollanotrocchio. E felici erano i suoi genitori, arrivati apposta dalla Colombia, che sul traguardo abbracciarono Vincenzo Nibali.
A Bergamo Chaves ha vinto, ha vinto in maniera meritata anche se come italiano avrei voluto primo sul traguardo Diego Rosa, un altro giovane in gamba, un gregario di Fabio Aru che per tutta la corsa si è speso in favore del suo capitano che però nel finale si è perso; nonostante le mille energie spese, Diego Rosa è l’unico italiano rimasto a galla quando Esteban Chaves ha sferrato il suo attacco decisivo, dopo tante salite, sulla strada per Selvino. E poi Diego ha fatto di tutto per vincere, anche sbagliando, piazzando due o tre scatti palesemente sbagliati negli ultimi chilometri, bruciando energie preziose.
E così negli ultimi duecentocinquanta metri lo abbiamo visto, ha preso il comando, e sembrava dovesse farcela… Chaves lo ha superato a dieci metri dal traguardo, lo ha battuto di mezza ruota e Diego ha dato il colpo di reni, gridando “no…”, perché si era accorto che non c’era più niente da fare. Poi il gregario arrivato a un passo dal cielo ha pianto, si è rifugiato in uno stand poco oltre il traguardo, ha pensato di essere piombato all’inferno perché il senso della delusione è così, ti fa stare male, malissimo.
Ma non è così: anche se non ha vinto, Diego Rosa ha colto un risultato importante, stupendo, che potrebbe anche rivelarsi decisivo per il resto della sua carriera.
Rosa, Chaves, Uran, Bardet, il nostro Villella e tutti gli altri sabato scorso ci hanno regalato emozioni forti, belle. Vederli salire sul Selvino, scendere, percorrere borgo S. Caterina, poi salire verso la Boccola, fra due ali di folla festante… che meraviglia. E poi guardarli piombare come aquile giù dalle Mura, quelle curve disegnate con la maestria di un artista, traiettorie precise come regolate da un computer… Grazie agli atleti, grazie alla loro fatica, grazie agli organizzatori: il Giro di Lombardia è stato una grande, meravigliosa festa, come ai tempi del grande ciclismo, e ci proietta verso la nuova stagione con il desiderio di assistere a grandi imprese, a un ciclismo nuovo che recuperi valori vecchi.
E pure ci conferma nella nostra voglia di pedalare per le nostre piccole, minuscole, eppure grandi imprese amatoriali.