L'ultimo saluto a Dario Fo. In un suo testo la dichiarazione d'amore al ciclismo
MILANO (MI) – È morto a Milano Dario Fo, intellettuale che nel corso della sua vita era stato moltissime cose: scrittore, drammaturgo e regista, attore e scenografo, attivista politico e pittore. Fo aveva 90 anni, era nato a Sangiano, in provincia di Varese, e nel 1997 aveva vinto il premio Nobel per la letteratura. Il Corriere della Sera scrive che Dario Fo era ricoverato da 12 giorni all’ospedale Sacco di Milano per problemi respiratori.
Nel corso della sua vita non ha mai nascosto il suo amore per il ciclismo e la bicicletta. Lo vogliamo ricordare così, con questo testo dattiloscritto di proprio scritto da lui e dedicato al ciclismo che abbiamo scovato sul sito dell’Archivio Franca Rame.
Ciclismo
Forse perché da ragazzo ho praticato lungamente in
prima persona lo sport attivo, non riesco a concepire il
fanatismo isterico verso la competizione e il suo rituale.
Capisco l’affetto, perfino la passione nei riguardi di una
squadra, o di un singolo giocatore o campione nella corsa
a piedi, in moto, in bicicletta, in auto ecc. ecc.
Non capisco il sentimento sbragato violento delle curve e
controcurve. Bande di esagitati che non dimostrano tanto
bisogno della squadra amica… da amare, quanto della
squadra nemica, con i suoi supporter da odiare, insultare,
aggredire, possibilmente bastonare!
Idioti scalmanati che s’intruppano la ‘Formazione’ per
sentirsi forti…
‘O che spasso che gran piacere
il potersi sentir qualcuno
nel tirare pedare sul grugno
a un nemico inventato per noi
come noi
imbragato di meschinità’
Sono le parole di una canzone (musiche di Fiorenzo
Carpi) che avevo scritto una cosa come vent’anni fa,
dedicata a quelle ‘associazioni spontanee’ che già fin
d’allora cominciavano a scatenarsi. Il tutto applaudito,
sostenuto, organizzato da partiti di estrema destra… oh,
guarda caso!
Non ho mai letto di sbragherie, scontri di fanatici a
piedi… in pista o per i campi… durante o dopo una corsa
e tanto meno battaglie con linciaggi in occasione di una
gara in bicicletta.
Come mai? Perché il contesto culturale che ci sta intorno
a questo tipo di manifestazione che è diverso.
Mi ricordo nei confronti fra gli appassionati di Binda o
Guerra, di Bartoli o Coppi! Certo ci si sbracciava…
volavano parole grosse, ma non insulti, si era sempre
dentro il gioco, erano scontri verbali carichi di ironia….
straordinariamente civili.
Alla base di questa differenza c’è soprattutto il genere di
gioco. Ogni domenica decine di giocatori di calcio
finiscono all’ospedale, alcuni sono messi fuori gioco per
mesi, per anni, gambe spezzate… costole, braccia, teste
ammaccate… grazie all’ “impatto maschio” (si chiama
così) di un avversario…. mai fortuito, spesso infame…. A
quegli scontri sugli spalti si urla, si impreca o si
sghignazza soddisfatti se l’avversario viene portato fuori
in barella, si applaude a chi l’ha fatto fuori.
Qui sta la molla dell’imbecillità truculenta di massa.
Anche nelle gare di ciclismo ci sono incidenti… gente che
cade malamente e finisce in ospedale… ma mai è il
risultato della carognaggine d’un avversario. E, quando
eccezionalmente ciò è accaduto, il colpevole dello
spintone… è stato sempre eliminato dalla corsa o
addirittura dalle corse.
Nessuno si leverà a gridare ‘bravo’, nemmeno i suoi
sostenitori che, anzi, perderà immancabilmente.
Perciò io amo il ciclismo, per l’eleganza del campione nel
suo roteare di gambe sulla bicicletta, nell’assetto
dinamico, splendido…. anche nello sforzo…. Nel coraggio
della discesa “volata”. Nello stile dell’arrampicarsi,
apparentemente rotondo, senza sforzo, dei grandi
campioni…. E nella lealtà… anche verso l’antagonista….
Mi piacciono le facce chiare di Bugno di Chiappucci, di
Chioccioli, di …
C’è una foto che ricordo sempre con commozione, che è
l’emblema di questo sport: Coppi che in piena salita,
passa la borraccia a Bartoli perché si disseti… o
viceversa? Fa lo stesso… Questo gesto può ripetersi solo
in uno sport, che malgrado tutto rimane ancora
pulito… in tempi orrendi quali sono quelli che stiamo
vivendo.
Dario Fo