#AMOLABICI – Milano-Sanremo. La storia di un mito
E se spuntasse un outsider? Se domani, appena prima della Cipressa, un semisconosciuto partisse come una pallottola dalla canna del fucile e salisse il colle alla grande? Avrebbe la possibilità di arrivare al traguardo?
Forse sì, credo sia già avvenuto in passato. E allora mi dico: e se questo outsider fosse un bergamasco… magari Barbin o Cattaneo… Soltanto un sogno, certo, ma sognare è bello.
Come sognavano quegli intrepidi che si misero in testa di organizzare una corsa che da Milano arrivasse fino al mare, fino alla Liguria, alla sua perla, Sanremo. L’idea, in realtà, venne ai pazzi dell’Unione Sportiva Sanremese, da Milano al mare. E l’immaginarono non per i ciclisti, ma per i podisti, divisa in due tappe, da Milano ad Acqui e da Acqui a Sanremo.
La prima e unica edizione si svolse il 2 e 3 aprile1906. Massacrante. Non fu un gran successo. L’anno successivo il giornalista che già aveva lanciato il Giro di Lombardia, Tullo Morgagni, ebbe l’idea: perché non trasformare la gara podistica in ciclistica? Una tappa sola, di ben 290 chilometri. Che, per il ciclismo eroico, non erano nemmeno tanti, Morgagni ne parlò con il direttore della Gazzetta dello Sport, Eugenio Costamagna, che con qualche dubbio approvò l’idea.
E così prese il via la prima edizione, con sessantadue iscritti. Il ritrovo fu fissato per la mattina del 14 aprile 1907, alle quattro. Era una notte di pioggia e di freddo: alla partenza si presentarono in trentatré. Ritrovo all’osteria della Conca Fallata, sul Naviglio Pavese. A quel tempo era la norma: le gare si appoggiavano spesso a trattorie, osterie, ristoranti.
Era lo spirito del tempo, un po’ pionieristico, un po’ alla buona, bagnato di vino e profumato di salamelle. Fu un’edizione subito mitica, corsa nel fango di quelle strade che non conoscevano l’asfalto. Alla fine, dopo circa undici ore, a Sanremo passò per primo Petit Breton, ciclista già molto noto, della Bianchi. Breton vinse alla media di poco più di ventisei chilometri orari. Una buona andatura considerando strade e biciclette del tempo.
Ma fu l’edizione del 1910 a consegnare la corsa al mito: partirono in sessanta, arrivarono in sette. I corridori si arresero per il gelo, il vento, la pioggia che diventò neve. Gli atleti si rifugiarono, mezzi assiderati, in osterie, case private. Non c’era radiocorsa. Le “ammiraglie” erano disperse. Vinse il francese Eugene Christophe. Tagliato il traguardo, il vincitore confessò candidamente che, trovandosi solo, aveva pensato di avere sbagliato strada; se non che, a un certo punto, aveva capito di essere arrivato a Sanremo… Viene in mente l’edizione del 2013, il 17 marzo, nel gelo e nella neve. Ma sono altri tempi: i corridori vennero fermati a Ovada e in pullman vennero trasportati oltre il Turchino (nevicava forte) e ripartirono da Arenzano. Vinse Ciolek davanti a Sagan e Cancellara, primo degli italiani Luca Paolini, al quinto posto.
Scrivo in questa mattina di venerdì, giorno prima della corsa. Sembra che domani sarà una gran giornata di sole, la gara non avrà intoppi, si pedalerà oltre i quarantacinque chilometri orari. Prima dei professionisti arriveranno gli amatori che hanno partecipato alla rievocazione storica della corsa, con biciclette che risalgono a prima del 1930. Quest’anno i partecipanti sono una quarantina, la partenza viene data lungo il Naviglio Pavese con sosta alla Conca Fallat, precisamente da dove partì la prima edizione.
Il ciclismo entra nel vivo come la primavera. Nei prati alle primule si sono aggiunte gli anemoni, ora anche le violette. Se volete mangiare cicoria fatelo adesso, prima che spunti il bel fiore giallo. In realtà si tratta del tarassaco, che ha proprietà depurative, adatte anche ai ciclisti. La mia preparazione continua.
Domattina raggiungerò Milano, in bici, e sarò là anch’io per la partenza della grande classica di primavera. Con gli occhi al 2017 e il cuore all’edizione del 1974 quando a trionfare fu il mio amico Felice Gimondi. Vinse a braccia alzate, con la maglia iridata addosso, dando due minuti al secondo e al terzo, i belgi Leman e De Vlaeminck. Memorabile.
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Paolo Aresi – giornalista e scrittore.
Dal 2015 cura la rubrica “#AMOLABICI, le Cicloctorie di Paolo Aresi” sul sito www.bicitv.it.
Il ciclismo è una sua grande passione, ha trascorso l’infanzia tifando Felice Gimondi.
Pedala con una certa energia, ma il poco tempo a disposizione lo penalizza.