Anche i ciclisti hanno la loro Madonna, una madre celeste, uno spirito bello che li guarda dal cielo e che cerca di aiutarli. La si vede in alcuni santuari, come quello del Ghisallo o come quello del v, sopra la Valle del Lujo, da un lato, e Gaverina dall’altro. C’è una scultura al valico del colle, a 763 metri di altitudine, davanti alla chiesetta, è una Madonna bianca, dalle fattezze graziose, dolci, il cui abito ampio avvolge in parte un uomo in sella alla sua bicicletta, come se lo proteggesse.

È un’immagine che evoca tenerezza. L’ho guardata bene questa mattina, verso la fine di una pedalata abbastanza impegnativa, da Bergamo ad Albino, poi a Nembro, Selvino, Aviatico, Orezzo, Gazzaniga, di nuovo Albino, poi marcia indietro fino alla Valle del Lujo e al Colle Gallo per poi andare a casa. Ho pensato, sul Colle Gallo, che davvero una Dolce Signora che ci protegge esiste, perché altrimenti non sarebbero così pochi – in fondo – i ciclisti che restano vittime di incidenti gravi.

Perché se penso ai pericoli della strada, se penso alla disinvoltura, all’imprudenza di tanti automobilisti e camionisti, allora davvero mi sembra un miracolo che, tutto sommato, i ciclisti di solito portino a casa la pelle. Chi va in bici lo sa, conosce bene i pericoli e i comportamenti altrui (a volte anche i nostri) che ci mettono a rischio.

Ogni giorno si verificano tanti miracoli. Come se quel manto davvero ci avvolgesse un po’. Scendendo dal Colle Gallo avevo in mente questi pensieri e forse per questo appena finita la discesa ho deciso di girare a sinistra e di percorrere quei trecento metri che portano ad Abbazia; tante volte ho raggiunto il Colle Gallo e mai ho fatto questa piccola deviazione. Sono rimasto incantato, da un lato, e amareggiato dall’altro.

Incantato perché mi sono trovato di fronte a questa chiesa in parte romanica, davvero bella, emozionante, con la sua piazzetta di ciottoli di fiume, con l’erba che cresce fra i sassi e dà un’idea di ambiente naturale, rurale. Vero. Niente cemento, niente perfezione del lastricato in marmo o in arenaria. Sassi ed erba. E, sulla destra, guardando la chiesa, quello che rimane di un chiostro con colonne e arcate, del Rinascimento. Meraviglia.

Quello che mi ha suscitato amarezza è il degrado del nucleo abitato intorno, che pure sarebbe pittoresco, con le vecchie case in pietra e le viuzze, ma che è lasciato andare a un completo disordine, con parziali rifacimenti, parti cadenti, auto piazzate ovunque… Eppure questo sarebbe un luogo degno di certe zone dell’Italia centrale, di certi paesini che ci lasciano incantati e commossi, sebbene non conservino chissà quali palazzi o monumenti, ma quelle case in pietra tutte attaccate, quella stradine, piazzette, madonnine sui muri ci parlano, ci fanno sentire bene.

Chissà perché.

Scrivo in questa tarda sera di venerdì, penso che domani – sabato – parte il Tour de France e che Fabio Aru si schiera al via con la maglia tricolore sulle spalle. Finalmente un po’ di luce per il corridore bergamasco di adozione, dopo tanta sfortuna. E speriamo che i colori nazionali gli siano di buon auspicio per un Tour de France degno del suo valore. Io penso che Fabio possa decisamente puntare al podio.

Buone pedalate a tutti.

Paolo Aresi

Paolo Aresi

Paolo Aresi – giornalista e scrittore.
Dal 2015 cura la rubrica “#AMOLABICI, le Cicloctorie di Paolo Aresi” sul sito www.bicitv.it.
Il ciclismo è una sua grande passione, ha trascorso l’infanzia tifando Felice Gimondi.
Pedala con una certa energia, ma il poco tempo a disposizione lo penalizza.