#AMOLABICI – Per me Fabio Aru è stato bravo!
Fabio Aru è stato bravo, ha fatto un bel Tour de France, ha indossato la maglia gialla e probabilmente concluderà con un ottimo quinto posto. Come Ivan Gotti, tanti anni fa. Forse ci si aspettava di più, soprattutto dopo che il corridore italiano aveva fatto il colpaccio e si era insediato al primo posto, soffiandolo a Froome. Ma, mi viene da dire, per vincere questo Tour dovevi essere un vero campione, mentre Aru ancora un vero campione non è: per adesso, è un ottimo corridore. Tuttavia gli anni sono dalla sua parte, può migliorare, maturare. E diventare un campione.
Viceversa, può restare quello che è adesso, o perdere smalto. Tutto dipende dalla sua testa, da come saprà affrontare il futuro. Abbiamo visto corridori crescere, negli anni, altri spegnersi. Ad Aru auguro di fare parte della prima categoria.
Fra una tappa del Tour e l’altra, io continuo a pedalare con una certo ritmo e ho superato i tremila chilometri da febbraio a oggi, cifra per me di assoluto rilievo! I risultati si vedono. Dopo un accettabile Croce Domini, ho affrontato un discreto Foppolo, sempre in gara con i miei amici del Team Pesenti, chiudendo in posizione dignitosa: dall’inizio della salita, appena prima della chiesa di Branzi, alla piazzetta dei bar e dei negozi, abbiamo impiegato 41 minuti. Da Bergamo, abbiamo coperto i sessanta chilometri in circa due ore e mezza.
Mi sono divertito perché le gambe giravano, perché ho giocato bene con i rapporti, ho bevuto e mangiato il giusto durante il percorso. E mi sono divertito perché per una volta il mio amico Luca Pesenti non mi ha battuto… A trecento metri dalla piazzetta, sotto il paravalanghe, ha cercato di superarmi sulla destra, tra me e il guard rail, io non l’ho lasciato passare (non si sorpassa a destra!) e ho accelerato arrivandogli davanti. Lui ha commentato dicendo di avere pagato la settimana di mare. Ed è probabile. Io, d’altro canto, comincio a mettere a frutto questi mesi di pedalate costanti, anche quando i risultati erano tutt’altro che entusiasmanti, anche quando facevo fatica a raggiungere Selvino in trentotto minuti.
Alla piazzetta di Foppolo un colpo di scena: mi si avvicina un ciclista con una Pinarello e mi guarda minaccioso, dice: ecco la bici che mi hanno rubato nel garage. Io rimango di stucco, allarmato, a cavalcioni della mia De Rosa. Dico che l’ho avuta da un mio amico del tutto affidabile… Il ciclista sconosciuto si mette a ridere, dice che davvero questa era la sua bicicletta qualche anno fa, ma che poi l’aveva data al mio amico, regolarmente.
Meno male.
Ma nella passeggiata-gara di domenica è stato grande Antonio Pesenti, che praticamente a zero chilometri di allenamento, ci ha scortati fino a Isola di Fondra, dove ha dato il via alla sfida. Non è stato facile nemmeno per lui pedalare a buon ritmo, in leggera salita, per quasi cinquanta chilometri, senza preparazione.
Il ciclismo è così, non si inventa nulla, ogni risultato è frutto di un lavoro tenace, regolare. La “classe”, cioè la forza personale, può coprire il dieci o il venti per cento del rendimento, il resto è allenamento.
Adesso arrivano le vacanze, la pausa del mare, due settimane. Vado in Sardegna, ci torno dopo qualcosa come ventitré anni… La Sardegna è una terra meravigliosa, luogo stupendo dove piazzare pure qualche gita ciclistica. L’obiettivo è noleggiare la bicicletta a Santa Teresa di Gallura e, in qualche bella mattinata, pedalare in libertà. Buone pedalate a tutti!
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Paolo Aresi – giornalista e scrittore.
Dal 2015 cura la rubrica “#AMOLABICI, le Cicloctorie di Paolo Aresi” sul sito www.bicitv.it.
Il ciclismo è una sua grande passione, ha trascorso l’infanzia tifando Felice Gimondi.
Pedala con una certa energia, ma il poco tempo a disposizione lo penalizza.