#AMOLABICI – Nibali vince Il Lombardia e riceve l’abbraccio della figlia. Che bello!
Ma sì, l’immagine più bella è stata alla fine, come succede al cinema, quando la storia è arrivata al suo acme, al suo culmine, perché l’amore ha trionfato oppure l’assassino è stato finalmente scoperto. Poi c’è lo scioglimento, il commiato dallo spettatore, che, in genere, è affidato alla sorpresa o alla poesia.
Quello di sabato pomeriggio è stato affidato al senso della vita: Nibali è sceso dalla bicicletta da trionfatore, come Napoleone scese da cavallo dopo Austerlitz. Ed ecco la bambina che gli corre incontro, gli sorride, gli salta in braccio e lui la prende e la bacia sui capelli biondi, lui con il casco in testa, la maglietta rossa e blu ancora sudata fradicia.
Ecco è il momento più bello di questo splendido Giro di Lombardia partito da Bergamo e poi sviluppatosi in Brianza fino al traguardo di Como. Ho seguito in televisione gli ultimi trenta chilometri e mi sono entusiasmato, ho pensato che il ciclismo dei giorni tristi, dei corridori programmati a tempo e a doping, sia ormai passato. Perché ho visto esplodere attacchi e contrattacchi, all’insegna della forza e della sapienza tattica, ma anche con l’intenzione di sorprendere, di sparigliare le carte.
Ho visto un Nairo Quintana che corre dall’inizio dell’anno dare ancora battaglia, Thibaut Pinot attaccare senza risparmiarsi, Gianni Moscon ingaggiare battaglia, Davide Villella là davanti fino all’ultimo strappo nel tentativo di dire la sua. E Fabio Aru, in difficoltà sul Civiglio, ma poi capace di riprendersi e di guidare l’inseguimento sul San Fermo della Battaglia, ormai alle porte della città. Grande ciclismo.
E sopra tutti certamente Vincenzo che non vince a caso, ma mette insieme forza, generosità e astuzia e ripete un po’ lo schema della vittoria del 2015, agli ultimi cinquecento metri del Civiglio parte, nessuno gli tiene la ruota, raggiunge Pinot e si butta nella discesa come solo lui sa fare.
Grande ciclismo, grande Vincenzo Nibali, che sempre di più mi ricorda il nostro Felice Gimondi, nel modo di pedalare, nella dedizione allo sport, nella capacità di concentrazione, per le caratteristiche tecniche. Finalmente un campione completo, adatto alle corse a tappe e alle classiche più dure. Però Vincenzo compirà i trentaquattro anni fra pochi giorni: è necessario che un erede si faccia avanti.
E cambio argomento completamente, passo dalle biciclette da corsa alle biciclette da città, al significato della bicicletta al di là dell’aspetto sportivo. Sono rimasto di stucco quando ho letto che il re del Bhutan, staterello incuneato nell’Himalaya, tra India e Cina, ha comperato un tandem e se ne va in giro per le strade del suo stato insieme alla moglie. E in questo modo, con il suo esempio, ha lanciato la moda della bicicletta nel suo Paese.
Il re si chiama Jigme Single Wangchuck. Per la precisione, il re decise di autopensionarsi a cinquantuno anni, nel 2006: prese il tandem e cominciò a viaggiare insieme alla consorte, percorrendo le vie di città e villaggi dove al passaggio veniva acclamato dai suoi sudditi. Il ministro del turismo, Tinley Namgyel, ha raccontato alla rivista BC (organo ufficiale della Fiab, federazione italiana amici della bicicletta): “La nostra capitale Thimphu ha circa 100 mila abitanti e il resto della popolazione vive in piccole città di qualche migliaio di persone. Usiamo la bici per divertimento, quasi esclusivamente mountain bike, e per fare sport. Abbiamo l’obiettivo di iscrivere un nostro rappresentante ai Mondiali di ciclismo. Però solo pochi anni fa esisteva un solo negozio di biciclette, ora sono già cinque, tutti nella capitale… ma vogliamo che la bici passi dall’essere un modo di divertirsi a un vero mezzo di trasporto”.
Da notare che il Bhutan, anziché guardare tanto al famoso indice del “Prodotto nazionale lordo”, tiene in conto il meno praticato indice di “Felicità interna lorda”: nelle varie voci di questo indice figura anche la ciclabilità!
La bambina di Nibali
e la bicicletta della felicità
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Paolo Aresi – giornalista e scrittore.
Dal 2015 cura la rubrica “#AMOLABICI, le Cicloctorie di Paolo Aresi” sul sito www.bicitv.it.
Il ciclismo è una sua grande passione, ha trascorso l’infanzia tifando Felice Gimondi.
Pedala con una certa energia, ma il poco tempo a disposizione lo penalizza.