#AMOLABICI – Claudia è a casa, che bello! E lo smog combattiamolo in bicicletta
Le belle notizie non mancano mai. Ho letto di Claudia Cretti che ha potuto tornare a casa, che sta benino, che continua la riabilitazione e che i risultati non mancano. La vicenda di Claudia la ricordiamo tutti, quella terribile caduta in discesa, il ricovero in condizioni gravissime. Era la settima tappa del Giro Rosa, a luglio; lo spavento fu terribile, si temette per la vita di Claudia. Poi le prime notizie dall’ospedale di Benevento, l’intervento di neurochirurgia, poi il secondo e le speranze che si facevano concrete.
Adesso Claudia è tornata a casa, a Costa Volpino. I genitori hanno comunicato che la ragazza muove alcuni passi da sola, che riesce a parlare, sebbene con un vocabolario ancora limitato; però scrivere rimane un problema perché la parte destra del corpo deve ancora risvegliarsi del tutto. Ci vorranno mesi, forse anni, ma Claudia continuerà a migliorare ed è fin troppo facile dire che questa è la corsa più lunga, impervia e importante della sua vita.
A ben vedere, forse non è una corsa, ma una competizione senz’altro: l’avversario è il limite dettato dall’incidente, dal colpo tremendo ricevuto alla testa, e per fortuna c’era il caschetto, e ci sono stati bravissimi neurochirurghi, altrimenti Claudia non sarebbe più tra noi.
Non mancano le belle notizie, ma neanche quelle brutte. Prendete questi giorni, con questo inquinamento soffocante, con le polveri sottili (pm 10) che sono da molti giorni al di là di qualsiasi limite tollerabile. I medici parlano di danni ai polmoni, di possibili micro-lesioni agli alveoli polmonari, lesioni che nei soggetti a rischio possono aumentare la probabilità di decesso. E nei soggetti sani non si sa: le lesioni sono varchi che si aprono nelle mucose, nei tessuti, varchi per virus e batteri, ma anche per sostanze chimiche che non fanno bene alla nostra salute, i cui effetti magari si vedranno fra qualche anno. Eppure si va avanti come se niente fosse.
I comuni vietano la circolazione delle auto Euro 0, 1 e 2, automobili vecchie come il cucco, le auto della gente più povera. Non è giusto e non si risolve niente. La stagione è secca, siccitosa, non fa freddo. Eppure quante persone usano la bicicletta per andare in ufficio? Io spesso guardo nelle auto in coda: ospitano una persona soltanto, uomo o donna, dalla faccia rigorosamente imbronciata. Come dire: guarda un po’ che vergogna, per fare due chilometri ci impiego un quarto d’ora. Ma allora perché i due, tre, quattro chilometri non li fate in bicicletta? Che cosa vi costa?
E, d’altro canto, perché i comuni non intervengono in maniera decisa e vietano il traffico alle auto? Ma è possibile che dobbiamo andare in giro con le mascherine, come nei film di fantascienza catastrofica, perché nessuno ha il coraggio di lasciare semplicemente l’automobile a casa?
Situazioni del genere a Bergamo, per esempio, si verificarono anche nei primi Anni Novanta. In un’occasione, il sindaco Gian Pietro Galizzi bloccò la possibilità di usare le automobili – per più giorni in talune fasce orarie – e fu criticato aspramente, più o meno da tutti, ma l’inquinamento diminuì in maniera drastica. Ci sono delle situazioni in cui bisogna avere il coraggio di prendere decisioni impopolari.
E, in ogni caso, bisogna riprendere la politica della ciclabilità che non consiste semplicemente nel costruire piste ciclabile, ma nel parlare alle persone, sensisibilizzarle, convincerle, fare capire che andare in bicicletta fa bene a tutti, a chi pedala e a chi cammina e all’aria della città. Quante piste ciclabili risultano tristemente vuote?
E torniamo in Bhutan, il piccolo stato tibetano di cui parlavamo la volta scorsa. Dicevamo che il re del Bhutan se ne va in giro con il tandem per le strade del suo regno, insieme alla consorte e che nel piccolo paese situato tra India e Cina si sta scoprendo la “vita a pedali”. Dal 1974, il Bhutan non si preoccupa più tanto del Pil (Prodotto interno lordo), quanto della Fil, ovvero Felicità interna lorda. I sovrani di quel piccolo paese desiderano che la gente sia felice, non che sia ricca, che sia serena, non che abbia l’idromassaggio in casa. E non hanno tutti i torti.
Il Bhutan è un paese buddista, un po’ particolare, che da qualche anno si sta aprendo all’occidente. Di recente hanno organizzato una sfida calcistica tra le due più scarse squadra nazionali di calcio del mondo: la loro e quella di un’isola dei Caraibi. Grande festa e grande tifo allo stadio, ma quando i Bhutanesi si sono accorti che per gli avversari non c’era nemmeno un tifoso, hanno deciso di dividersi: metà stadio tifava Bhutan e l’altra metà stava dalla parte degli avversari!
C’è da augurarsi che il Bhutan continui sulla strada della scoperta della bicicletta e che presto organizzi i campionati del mondo: vi immaginate il tifo in pista? E il percorso del mondiale su strada? Da quelle parti non si scherza, ci sono montagne che arrivano a ottomila metri e passi che sfiorano i quattromila… ci sarebbe da divertirsi!
—
Paolo Aresi – giornalista e scrittore.
Dal 2015 cura la rubrica “#AMOLABICI, le Cicloctorie di Paolo Aresi” sul sito www.bicitv.it.
Il ciclismo è una sua grande passione, ha trascorso l’infanzia tifando Felice Gimondi.
Pedala con una certa energia, ma il poco tempo a disposizione lo penalizza.