Paolo Aresi – giornalista e scrittore.
Dal 2015 cura la rubrica “#AMOLABICI, le Cicloctorie di Paolo Aresi” sul sito www.bicitv.it.
Il ciclismo è una sua grande passione, ha trascorso l’infanzia tifando Felice Gimondi.
Pedala con una certa energia, ma il poco tempo a disposizione lo penalizza.
#AMOLABICI – Se vogliamo che i ragazzi tornino al ciclismo, dobbiamo garantire la sicurezza
Se vogliamo che il ciclismo giovanile rialzi la testa, che i ragazzi del nostro Paese ritornino a pedalare e a gareggiare, dobbiamo garantire la sicurezza. Le famiglie non spingono i ragazzi verso il ciclismo per paura: non paura della fatica e del sudore, ma paura delle automobili, del traffico indisciplinato. Chi va in bicicletta abitualmente lo sa: ogni giorno c’è un automobilista che esce da uno stop e ti taglia la strada, c’è un camion che ti supera a dieci centimetri che basta un tombino o una piccola buca nell’asfalto e sbandi e allora rischi davvero la vita. Ogni ciclista lo sa che c’è ogni giorno il tipo che ti supera e poi subito svolta a destra tagliandoti in pieno la strada. E non ti chiede nemmeno scusa. Anzi, magari gli urli di andare in quel posto – con ragione da vendere – ed è capace anche di reagire.
In questa povera Italia, esiste anche questo problema: la maleducazione alla guida che rende le strade insicure. Non basta che la maggior parte di chi va per strada sia una persona con la testa sulle spalle: bisogna fare in modo che quella minoranza di persone indisciplinate scompaia. Perché è quella minoranza a decidere della vita di chi va in bicicletta. Il controllo sulle strade dovrebbe essere draconiano, perché là dove non c’è educazione bisogna intervenire con la repressione. Poi la norma diventerà cultura, cioè educazione. Per ora non è così.
Se vogliamo che il nostro ciclismo giovanile – e poi quello professionistico – rinasca, allora dobbiamo pretendere la sicurezza per i nostri ragazzi. Perché possiamo cantarcela e suonarcela, ma la realtà è che i ragazzi che si dedicano al nostro sport continuano a diminuire. Basta pensare alla città di Bergamo: quante società giovanili esistevano negli Anni Sessanta e Settanta? Quante ce ne sono oggi?
Dobbiamo pretendere, garantire la sicurezza. Delle strade, e non solanto. Garantire alle famiglie che il nostro sport è pulito, che non ci sono trucchi, che non ci sono rischi. Perché anche di questo le famiglie hanno paura. E non fanno bene questi episodi che continuano, vedi l’ultima vicenda riguardante Froome, o le dichiarazioni di Riccò che fa il gelataio alle Canarie e che afferma che se tornasse indietro certo non rifarebbe quello che ha fatto, ma che pure insinua altre cose, non certo piacevoli, e arriva a confrontare il doping fisiologico con quello meccanico (leggi motorino elettrico nella bici) dicendo che uno è magari più onesto dell’altro. Cose assurde.
Ci consoliamo con gli amatori. Se i giovani diminuiscono, le persone mature che si danno al ciclismo aumentano e in misura notevole. Con l’avvento della bicicletta elettrica, a pedalata assistita, si apre per lo sport delle due ruote una nuova era, magari anche con nuove discipline sportive, perché no? E allora approfittiamo di questo fenomeno. Approfittiamo della nuova ondata di popolarità. Da ciclista urbano e amatore, non mi scandalizzo di certo se un amico prende la bicicletta con il motorino. Un mio vecchio compagno mi ha detto che vorrebbe ancora salire sullo Stelvio o sul Mortirolo, ma che a 77 anni non ce la fa più. E allora pensava alla bici assistita. Perché no? Penso al mio fruttivendolo, mai andato in bici, che ha comprato una mountain bike con motorino. Adesso esce tutte le domeniche e pedala e dove non ce la fa lo aiuta la spinta in più. Niente di male, anzi.
L’anno si chiude, un altro sta per aprirsi. Quest’anno sono arrivato a quattromila chilometri, ho fatto San Marco, Croce Domini, Foppolo, Valcava, Presolana… insomma, non mi sono fatto mancare niente. Per l’anno venturo vorrei arrivare a cinquemila e magari riuscire a partecipare al Giro di Sardegna, in aprile; un piccolo sogno.
L’anno va in archivio con i pranzi natalizi che ci hanno regalato un paio di chili in più. Ora bisogna rimettersi a posto; se fa troppo freddo, con belle camminate in salita, ma se la temperatura è mite magari si ricomincia a pedalare. Al ciclismo, ai ciclisti, auguro un anno di soddisfazioni e di progressi, di pedalate nude o assistite che ci rendano contenti di noi stessi, che ci portino in alto, e non soltanto nel senso altimetrico.
Buon anno e buone pedalate a tutti!