Bici e Coronavirus: per i professionisti è lavoro, giovani e amatori, lo dicono le forze dell’ordine, dovete restare a casa
Ieri sera, dopo che tutta l’Italia è diventata “zona protetta” a causa dell’emergenza Coronavirus, abbiamo pubblicato un articolo dal titolo “Bici e Coronavirus: ciclisti restate a casa, pedalate sui rulli, evitate cadute, lo impone la legge e il buon senso. Vi spieghiamo perché“. Avevamo preso spunto da una lettera diffusa dal Comitato Provinciale FCI di Monza, che offriva degli spunti di riflessioni e dava delle indicazioni più precise di interpretazione del decreto Dcpm 8 marzo 2020 (in quel momento valido solo per la Lombardia e le 14 province che erano considerate “zona arancione”) relative al comportamento dei ciclisti. Ci era sembrato, e lo consideriamo tutt’ora, un documento sensato e molto valido. Inoltre, attraverso nostre fonti, abbiamo ricevuto delucidazioni direttamente dalla Polizia Stradale che ci ha fornito ulteriori precisazioni in merito a quelle che sono le disposizioni fornite dal Ministero. E abbiamo scritto per informare tutti gli appassionati d’Italia, considerato che il provvedimento, da questa mattina, è stato esteso a tutto il territorio nazionale con il Dcpm 9 marzo 2020.
RIBADIAMO CHE BISOGNA RESTARE A CASA – Abbiamo ricevuto da numerosi lettori e appassionati messaggi sui social, e-mail alla redazione di ulteriori richieste di delucidazione, di protesta, di “rimprovero” perchè eravamo stati troppo duri, non avevamo interpretato bene ciò che dice il decreto. Diciamo che a nostro avviso il decreto dice delle cose, e in alcuni suoi passaggi, può prestarsi a diverse interpretazioni, soprattutto per quanto riguarda la pratica sportiva. Abbiamo letto su altri siti e altre testate giornalistiche interpretazioni diverse dalla nostra. Comunicati di Federazioni e Associazioni che dicono e non dicono. Adattamenti a favore della pratica ciclistica. Ma ci pare che una sola cosa è chiara: ciclisti o non ciclisti, bisogna stare a casa (chi il ciclista lo fa per lavoro è equiparato a qualsiasi altro lavoratore e può muoversi con l’opportuna documentazione). È ora il momento del buon senso e della responsabilità per ognuno di noi. Tutti amiamo la bicicletta, ma qui siamo nel pieno di un emergenza e la salute pubblica viene prima di tutto.
Questo è ciò che c’è scritto nel decreto:
DECRETO #IORESTOACASA
3. La lettera d) dell’art. 1 decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 e’ sostituita dalla seguente: «d) sono sospesi gli eventi e le competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, in luoghi pubblici o privati. Gli impianti sportivi sono utilizzabili, a porte chiuse, soltanto per le sedute di allenamento degli atleti, professionisti e non professionisti, riconosciuti di interesse nazionale dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e dalle rispettive federazioni, in vista della loro partecipazione ai giochi olimpici o a manifestazioni nazionali ed internazionali; resta consentito esclusivamente lo svolgimento degli eventi e delle competizioni sportive organizzati da organismi sportivi internazionali, all’interno di impianti sportivi utilizzati a porte chiuse, ovvero all’aperto senza la presenza di pubblico; in tutti tali casi, le associazioni e le societa’ sportive, a mezzo del proprio personale medico, sono tenute ad effettuare i controlli idonei a contenere il rischio di diffusione del virus COVID-19 tra gli atleti, i tecnici, i dirigenti e tutti gli accompagnatori che vi partecipano; lo sport e le attività motorie svolti all’aperto sono ammessi esclusivamente a condizione che sia possibile consentire il rispetto della distanza interpersonale di un metro;».
IL COMUNICATO ACCPI
In un comunicato pubblicato questa mattina sul sito dell’ACCPI (Associazione Corridori Ciclisti Professionisti Italiani), facendo riferimento a quanto prescritto dal nuovo decreto, si scrive:
Gli ultimi provvedimenti presi nel nostro Paese per limitare la diffusione del contagio del Coronavirus permetto di praticare «Lo sport e le attività motorie svolti all’aperto, esclusivamente a condizione che sia possibile consentire il rispetto della distanza interpersonale di un metro». Si può quindi uscire in bici, ma l’Associazione Corridori Ciclisti Professionisti Italiani invita tutti i cicloamotori alla prudenza.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri pubblicato questa mattina sulla Gazzetta Ufficiale all’articolo I comma III conferma che gli atleti professionisti possono allenarsi regolarmente sul territorio nazionale, provvisti ovviamente di documento, tesserino agonistico e autocertificazione (scarica qui il documento). Tutti gli altri sono invitati a restare a casa: in caso di caduta e/o necessità di assistenza, toglieremmo risorse a un sistema sanitario già allo stremo.
«In questo momento dobbiamo essere ancora più uniti e forti, immagino quanto sia difficile doversi allenare senza sapere quando potrete tornare a correre, ma credo in voi e sono certo che quando riprenderanno le gare darete il massimo per questa Nazione che sta affrontando grandi sacrifici. Quando tutto sarà passato, regalerete un sorriso ai nostri connazionali. Pensate a questo durante questi giorni di sofferenza e incertezza», ha scritto il presidente di ACCPI Cristian Salvato a tutti gli associati.
I CONTROLLI DELLA POLIZIA ANCHE SUI CICLISTI – In realtà, come anticipato, già ieri dalla Polizia Stradale avevamo avuto indicazioni diverse in merito, per la Lombardia e le altre 14 province che già da domenica erano “zona arancione”. Al di sopra di qualunque cosa, anche dello sport e del ciclismo, c’è questo ordine: “Si deve restare a casa il più possibile. La libera circolazione è limitata. Per potersi muovere servono comprovati motivi per tre ragioni fondamentali: lavoro, salute, esigenze personali urgenti. In tutti gli altri casi c’è la denuncia per inottemperanza a un ordine legittimo dell’autorità”. E le forze dell’ordine stanno già facendo controlli su chi si sposta in auto, ma anche in bicicletta e ci sono stati già provvedimenti nei confronti di ciclisti amatoriali, come già vi abbiamo raccontato sul nostro sito.
Le conseguenze possono essere arresto fino a 3 mesi o ammenda fino a 206 Euro (Art. 650 c.p.) e reclusione da 1 a 12 anni (Art. 452 c.p.) quando si configurare un’ipotesi più grave, quale, ad esempio, un delitto colposo contro la salute pubblica. Potenzialmente anche uscire a piedi nel proprio paese, senza un motivo valido, potrebbe essere soggetto a verifica da parte delle forze dell’ordine. Ma è sempre al buon senso che ci appelliamo. Ognuno è responsabile delle proprie azioni, ma anche della salute degli altri.
È IMPEDITA LA LIBERA CIRCOLAZIONE – La domanda che ci facciamo è: se una persona qualunque non è più libera di muoversi con la propria auto, se non per i validi motivi sopra citati e opportunamente documentati, e questo tutti lo abbiamo capito e accettato, perché un ciclista in bicicletta dovrebbe essere libero di circolare se non ha validi motivi per farlo?
Per i ciclisti professionisti è lavoro e quindi, vale la regola che esiste per tutti gli altri lavoratori. Stando alla specifica del decreto: le sedute di allenamento anche degli atleti non professionisti, ma solo quelli riconosciuti di interesse nazionale dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e dalle rispettive federazioni, in vista della loro partecipazione ai giochi olimpici o a manifestazioni nazionali ed internazionali, possono svolgersi sempre nel rispetto delle regole disposte dal Ministero della Sanità e in particolare del rispetto della distanza interpersonale di un metro. Per tutti gli altri ciclisti giovani, amatori, atleti non riconosciuti di interesse nazionale, e per i quali l’andare in bicicletta, al momento, non è una necessità, come per qualsiasi altro cittadino resta limitata la libera circolazione, anche se poi il decreto per certi versi si contraddice e lascia possibilità di pratica dello sport all’aperto seppur sempre nel rispetto delle regole sanitarie. Ma ricordiamo sempre che il senso del decreto è “stare a casa”.
SIATE RESPONSABILI ED EVITATE CADUTE – Anche se una posizione ferma in merito non è ancora stata presa quasi da nessuno e come abbiamo visto lo stesso decreto ministeriale crea un po’ di confusione, quello che ci sentiamo di suggerire e di dire, a tutti voi che come noi amate la bicicletta, stando anche a quanto suggeritoci dalle forze dell’ordine, è: accantoniamo per qualche settimana questo nostro divertimento e questa nostra grande passione. Rispettiamo le regole. Cambiamo le nostre abitudini. Usiamo il buon senso. Evitiamo cadute che potrebbero andare ad interferire e a sovraccaricare inutilmente ospedali e personale sanitario già al limite. Tante società ciclistiche, soprattutto giovanili, ho visto, hanno deciso di sospendere la propria attività, anche gli allenamenti. Scelta saggia. Perché rischiare? Per che cosa? C’è una battaglia più grande da combattere oggi. È in gioco la vita di milioni di persone, in Italia e nel Mondo. Salviamo la nostra salute e il nostro Paese. Poi con serenità potremo tornare tutti a pedalare e divertirci. Insieme. E vedrete sarà ancora più bello.
(Servizio a cura di Giorgio Torre)