FCI e ACCPI chiedono anche ai ciclisti professionisti di fermarsi
ROMA (RM) – L’emergenza sociale che stiamo vivendo prelude a una svolta epocale che segnerà il nostro futuro in modo indelebile. Saranno le nostre scelte, i nostri comportamenti a decidere per il meglio o per il peggio. Ed il ciclismo Italiano è chiamato a dare il suo contributo positivo, come ha sempre fatto nei momenti critici della nostra storia.
Il momento difficile di tutto il nostro Paese, lo abbiamo visto, si è allargato a una dimensione globale e riguarda non solo lo sport ma la nostra vita quotidiana, il nostro futuro. Mai come in questa evenienza il ciclismo è metafora di vita e può e deve essere fonte di ispirazione.
Con questa premessa, al fine di tutelare la salute degli atleti e di coloro che sono coinvolti nell’attività ciclistica, in linea con quanto disposto dall’UCI, la Federazione Ciclistica Italiana ha disposto la sospensione di tutta l’attività fino alla fine di aprile. Inoltre il presidente Renato Di Rocco ha proposto all’ACCPI di rinunciare all’opportunità concessa dal DPCM ai corridori professionisti e gli azzurri olimpici di allenarsi su strada, anche per facilitare il lavoro delle forze dell’ordine, già fortemente impegnate.
Così il commento del Presidente della Federazione Ciclistica Italiana: “Ci auspichiamo che alla ripresa dell’attività internazionale l’UCI tenga conto (come dichiarato nel comunicato stampa di oggi) dei principi di equità tecnica nei confronti di tutti quegli atleti che per l’emergenza sanitaria sono costretti ad una sosta forzata. In questo momento, però, la salute generale deve avere la prevalenza ed è il principio che guida le nostre decisioni. Non ci aspettavamo questa tempesta, ma è arrivata – continua Di Rocco – Ed ora siamo in piena salita, nel tratto più duro. Più impervio. E per poter arrivare in cima e scollinare, dobbiamo fare Squadra. Perché i nostri successi nel mondo ci hanno insegnato che solo se fai Squadra vinci. Noi ci siamo abituati: è la legge del ciclismo. Ma oggi è la legge che vale per tutti. Per poter scollinare e raggiungere il traguardo insieme, ognuno di noi deve sacrificare qualcosa che ci appartiene, deve rinunciare a pedalare all’aria aperta, sulle strade d’Italia.
Il ciclismo italiano è capace di fermarsi quando è necessario. Il “surplace” è uno dei fondamentali che consente di vincere le sfide. Lo abbiamo fatto appena è scoppiata l’emergenza, e per questo vorrei rivolgere un grazie a tutti gli organizzatori di gare che, appena sarà loro possibile, si metteranno di nuovo al lavoro. Il ciclismo Italiano è anche capace di supportare a diffondere messaggi fondamentali che in questo momento devono essere impattanti come: “Distanti ma uniti”, “io resto a casa”, campagne a cui i nostri Azzurri, che ringrazio, hanno aderito continuando a farlo sui canali Social. Per poter guardare al futuro, anche a quello immediato, alleniamoci da casa e seguiamo le indicazioni governative”
Cristian Salvato, presidente dell’Associazione Corridori Ciclisti Professionisti Italiani, accoglie la proposta lanciata dalla FCI con senso di responsabilità civica: “In questa fase di estrema emergenza e con decreti in continua evoluzione, chiediamo a nostri associati questo sacrificio per il bene comune. Le nostre campionesse e i nostri campioni daranno il buon esempio allenandosi da casa. Rinunciare a uscire per qualche giorno su strada è un gesto di buon senso che già parecchi ciclisti e cicliste della massima categoria avevano intrapreso volontariamente e che allarghiamo a tutti. Anche un banale incidente potrebbe comportare lavoro in più al personale ospedaliero impegnato nella durissima battaglia al maledetto Coronavirus. Oggi più che mai dobbiamo essere Squadra, come gli azzurri sanno fare meglio di chiunque al mondo. La situazione è in continua evoluzione e speriamo che a breve i ragazzi e le ragazze che hanno nel mirino i Giochi Olimpici di Tokyo 2020 e tanti altri appuntamenti importanti possano tornare in sella senza pensieri, ma ora la nostra morale ci impone lo stop. Anche se a oggi in Italia potrebbero allenarsi, è meglio per tutti fermarsi come già hanno fatto in altri paesi. Realisticamente la prima gara non sarà prima di tre mesi, dobbiamo ragionare come se fossimo in inverno. Ricarichiamo la mente, lo spirito e le pile, stiamo vicini ai nostri cari, concentriamoci su ciò che è davvero fondamentale, la salute. Quando ritorneremo, saremo più forti di prima”.