Le perplessità degli epidemiologi sul Tour de France ad agosto, pericolo per la salute pubblica
BRUXELLES (BELGIO) – In una serie di interviste proposte dalla tv belga Sporza riguardanti la sicurezza del Tour de France che si dovrebbe svolgere, secondo la recente proposta dell’UCI, dal 29 agosto al 20 settembre, alcuni epidemiologi hanno dichiarato la loro posizione e gravi preoccupazioni per la salute pubblica se la gara si svolgerà così presto (foto A.S.O. / Gruber Images).
Il professor Benjamin Cowie, dell’Università di Melbourne (leggi il suo profilo), un medico e epidemiologo esperto di malattie infettive ha detto a Sporza: “A meno che il Tour de France non si svolga in un modo quasi irriconoscibile rispetto a come è stato in precedenza, mi dico piuttosto preoccupato per la salute pubblica nel sapere che si svolgerà già ad agosto”. Il medico sarebbe più propenso per il rinvio all’anno prossimo: “So che altri grandi eventi sono stati posticipati al 2021, annullare l’edizione 2020 del Tour credo sia l’approccio più prudente e sicuro che varrebbe la pena considerare. Comprendo ci sia l’impatto economico di una decisione tale, ma la salute pubblica viene prima di tutto”.
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Anche un esperto italiano è intervenuto, Stefano D’Amelio, professore di malattie infettive all’Università di Roma, che è anche un appassionato di ciclismo, e è apparto un po’ più ottimista: “Come appassionato di ciclismo, avere avuto una stagione come questa senza vivere il periodo delle Classiche è stato molto difficile”.
Ha poi aggiunto: “Ci sono alcune cose che probabilmente si potrebbero fare rendere possibile lo svolgimento del Tour già tra qualche mese. La prima cosa sarebbe non avere tifosi. Ma è diverso dal calcio perché si corre sulle strade, abbiamo visto in passato salite come il Col d’Izoard o il Col du Tourmalet, dove ci sono milioni di persone assiepate sul ciglio della strada, e questo sarebbe impossibile solo da pensare. Mi rendo conto che non è semplice controllare e gestire una situazione del genere”.
“La seconda cosa da tenere in considerazione è il rischio di contagio che ci può essere tra gli stessi corridori”, ha continuato D’Amelio. “Ad esempio il passaggio di borracce o qualsiasi altro tipo di contatto in gruppo può essere molto pericoloso e diventare veicolo di contagio tra i ciclisti”.
“Poi ci sono tutti i giornalisti, tutto lo staff degli organizzatori e dei team, penso in particolare ai massaggiatori che devono per forza entrare in contatto diretto con gli atleti”.
Infine, D’Amelio ha messo in guardia sulla possibilità che i ciclisti che partecipano ad una corsa così impegnativa come il Tour posano diventare più suscettibili all’infezione da Coronavirus. “I ciclisti subiscono un grande stress fisico e questo potrebbe influenzare il loro sistema immunitario, quindi penso che sarebbe importante prendere in seria considerazione ed esaminare gli studi che sono stati fatti sull’effetto dello stress fisico sul sistema immunitario”.