BICITV Live: il presidente FCI Renato Di Rocco risponde ai dubbi dei ciclisti sulla ripartenza
Questa sera il presidente della Federazione Ciclistica Italiana Renato Di Rocco è stato nostro ospite a BICITV Live, in diretta sulla Pagina Facebook di BICITV.it e ha risposto alle domande dei due conduttori Giorgio Torre e Valerio Villa che hanno dato voce a diverse richieste, dubbi e domandi che in questi giorni le varie anime del movimento ciclistico si stanno facendo, per il presente e per il futuro.
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Il presidente Di Rocco, che è anche vice presidente dell’Unione Ciclistica Internazionale, ha parlato di “congelamento delle categorie” per la stagione 2021, ha spiegato come i ciclisti, anche minori, possono e devono uscire per allenarsi, quali sono regole da rispettare; ha confermato la copertura assicurativa per tutti i tesserati; delle possibilità di riprendere le attività, anche per il settore giovanile e di impianti sportivi; del sostegno economico che la FCI metterà in atto per aiutare le società di base, di affiliazioni e tesseramenti 2021 e di quanto di bello e costruttivo il mondo del ciclismo e della bicicletta abbiano fatto in questo difficile periodo della pandemia di Coronavirus e quanto potranno essere importanti anche per il futuro di tutti noi. Vi riportiamo per punti i vari temi trattati.
La pubblicazione dei calendari dell’UCI WorldTour maschile e femminile sono un segnale di speranza per tutto il ciclismo…
“È un segnale che almeno fa immaginare che si possano svolgere delle gare perché questo è ancora tutto da capire – precisa il presidente Di Rocco -. Permette alle varie squadre di poter programmare un certo tipo di attività. Certo gli scenari non sono ancora definiti e saranno i governi, come lo sono stati fino a questo momento, a definire quali saranno i tempi della ripartenza e poi da lì riprendere con un crono-programma per mettere insieme tutti gli altri calendari perché per il momento sono stati diffusi solamente quelli dell’UCI WorldTour al maschile e al femminile e ora ci siamo rimessi in moto come UCI, ma anche con la Struttura Tecnica della nostra Federazione e con tutti i settori di tutte le discipline per lavorare quotidianamente per ridisegnare e riscrivere un po’ tutto, in attesa del prossimo step che arriverà con il nuovo Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 18 maggio che dovrebbe portare ad un’ulteriore riapertura anche verso gli sport di squadra e che riguarda anche noi perché dal 4 maggio, ovviamente rispettando tutte le regole e le prescrizioni sanitarie, i nostri atleti possono allenarsi individualmente, da quella data potranno forse tornare ad allenarsi in gruppo e poi da quel momento riprogrammare tutta l’attività, dagli Under e poi a scendere su tutte le altre categorie”.
In tempi di Coronavirus, qual è il comportamento del buon ciclista?
“Prima di tutto, con il Coronavirus abbiamo imparato che tutti ci dobbiamo lavorare le mani più volte al giorno e questa è una funzione igenica che vale per tutti. Cambiare mascherine e guanti spesso, almeno ogni volta che si esce. Le prescrizioni governative poi impongono di pedalare almeno a due metri di distanza, ma abbiamo evidenziato nei giorni passati che per noi non è sufficiente e se si riesce a stare a maggiore distanza è anche meglio e indichiamo 20-25 metri quando la velocità è molto alta. L’ACCPI ha scritto un decalogo su questi comportamenti che abbiamo apprezzato molto”.
Un atleta minorenne tesserato per la FCI può uscire da solo in bicicletta in questo momento o deve essere per forza accompagnato da un adulto?
“Da soli no. Ma a livello del Dpcm governativo in questo momento si parla genericamente di ‘minori’ al plurale e quindi una persona adulta può accompagnare più minori. L’importante è rispettare le distanze e le istruzioni che abbiamo già ricordato prima. Il discorso del tesserato era solo a fini assicurativi, una precauzione in più e un’attenzione visto che c’è questa assicurazione che copre. Bisogna poi stare attenti a quelle che sono le prescrizioni regionali, come ad esempio in Veneto dove il decreto è molto chiaro e parla di minori accompagnati da genitori e quindi è più specifico e restrittivo. Nelle altre zone, dove questo non è previsto, e speriamo di farlo rimuovere in fretta anche in Veneto, non è necessario che sia per forza il genitore ad accompagnare il minore”.
Quindi, per ora, a parte specifici casi come il Veneto, il minore o i minori possono essere accompagnati anche da un DS o da un rappresentate della loro società sportiva?
“In questo momento la società sportiva diventa anche uno strumento di socialità utile – afferma Di Rocco –, i genitori iniziano a lavorare e poter lasciare il minore per qualche ora ad una società per dell’attività può essere utile anche per loro. E non riesco a capire perché ci sia questa ristrettezza quando per regolamento, anche ai fini assicurativi, un ragazzo viene rimborsato solo quando l’allenamento è autorizzato dalla società e se negli allenamenti è accompagnato da un tecnico o da un dirigente della società. Quindi, uscire, possono uscire tutti, rispettando le prescrizioni che abbiamo detto, in più se è tesserato beneficia nel caso di incidente della copertura assicurativa che, ovviamente, speriamo non debba servire. Attenzione, però. Prima di uscire in bicicletta, anche un’ora prima, l’invito che facciamo a tutti è di andarsi a documentare su quanto prescritto nei territori di appartenenza perché c’è un aggiornamento continuo in questo senso per essere maggiormente virtuosi e non incappare in sanzioni”.
E l’adulto che accompagna i minori con che mezzo li può seguire?
“È un’altra considerazione e una domanda che abbiamo posto. L’accompagnatore che deve fare? Correre a piedi, andare in bicicletta, andare in motorino? Per fortuna c’è stata la riapertura anche con mezzi privati per raggiungere il luogo di allenamento e quindi oggi le nostre società possono accompagnare gli atleti. Io non devo insegnare nulla ai nostri tecnici che sono bravi e virtuosi, ma, in questo momento, invece di uscire con dieci atleti, magari escono con quattro, si organizzano a frazioni orarie, facendo dei turni di allenamento in modo tale che possono seguire tutti i ragazzi, non prendere rischi e rispettare tutte le prescrizioni”.
Confermato allora che l’atleta tesserato per la FCI che in questo momento esce per allenarsi è coperto da assicurazione?
“Assolutamente sì”, conferma il presidente. “Sono state diffuse delle fake news in mala fede su questo argomento, perché la Federazione non ha mai sospeso in questo periodo la copertura assicurativa, anche perché sapevamo di tutte quelle belle attività che diversi dei nostri ragazzi stavano compiendo nelle proprie comunità, con la consegna in bicicletta di beni alimentari e farmaci, e quindi lo smentisco, non è cambiato nulla i nostri tesserati sono coperti dall’assicurazione. Ovviamente devono essere in regola con la certificazione medica”.
Il certificato medico di idoneità sportiva, appunto, va portato con sé quando si pedala e in caso di controlli?
“No. La certificazione medica viene richiesta dalla società sportiva nel momento in cui richiede il tesserino per gli atleti, quindi non serve portarsela dietro. Sicuramente deve essere valida, da una parte per lo stato di salute e dall’altra parte per l’assicurazione, perché se la visita non è più valida l’assicurazione non risponde di eventuali infortuni. E chi in questo momento l’avesse scaduta, il mio invito è quello di andare a rifare la visita. I centri di medicina sportiva hanno riaperto e ci sono molti medici sportivi abilitati a rilasciare questa idoneità e quindi non credo ci siano grossi problemi in questo momento per effettuare la visita e ricevere un certificato valido”, consiglia il presidente.
Tutti aspettano il nuovo decreto del 18 maggio. Per quanto riguarda l’attività ciclistica cosa ci possiamo aspettare per quella data?
“Noi abbiamo preparato delle linee guida a tutti i livelli. Anche per consigliare le società nel far svolgere ai propri atleti dell’attività individuale. Sicuramente, se nel decreto fosse già prevista l’autorizzazione ad organizzare eventi, per quanto riguarda le nostre gare si potrebbe pensare di iniziare sempre con attività a livello individuale, come cronometro o team relay, che nella MTB è una specialità molto sviluppata e che assegna anche titoli europei e mondiali. Tutto il nostro staff tecnico ha messo a disposizione tutte queste linee guida. Non le abbiamo ancora diffuse perché aspettavamo il protocollo sanitario del comitato tenico-scientifico governativo che è uscito solo nella notte tra domenica e lunedì. Ora ci sono dei tempi tecnici affinché la nostra commissione della salute possa adeguare questo protocollo sanitario alla specificità tecnica del ciclismo, sia su strada che soprattutto per gli impianti, dopodiché le renderemo note”.
Quindi il primo step per la ripartenza passa dagli impianti, ovvero velodromi, ciclodromi, bike park…
“Speriamo che venga autorizzata la riapertura degli impianti perché nelle nostre aspettative c’è quella di permettere a tutti i nostri ragazzi, anche quelli che non ci sono mai andati, di poter andare in pista, ‘geolocalizzando’ tutte le nostre società per fare in modo che non ci siano troppi spostamenti con i mezzi delle società e privati per rispettare quelle che sono le prescrizioni. Bisogna valutare un po’ tutte le situazioni”.
Ovviamente, ci saranno dei protocolli da seguire e che potrebbero condizionare cosa si potrà e cosa non si potrà fare a livello agonistico.
“Se il protocollo sarà semplice, ma molto invasivo, come quello che è uscito e che proietta nel mondo del calcio verso un tipo di lavoro di piccoli gruppi di atleti con lo stesso staff, per la nostra attività WorldTour non è un problema perché già da vent’anni le nostre squadre riescono a partecipare a tre o quattro eventi contemporaneamente, per cui quel gruppo di corridori ha lo stesso staff, lo stesso medico, lo stesso massaggiatore, lo stesso meccanico. Quindi i nostri atleti non solo sono facilitati, ma hanno già validato questo metodo. Per le categorie inferiori, ovviamente, è differente perché i numeri sono alti e per cui quel tipo di protocollo, oggi, è impraticabile. Anche perché prevedere quattro tamponi. Non è semplice perché nessun tampone oggi è stata validato, nessun test sierologico è stato validato. Credo che nel momento in cui questi strumenti manchino nei numeri, perché se addirittura bisogna farne uno ogni quattro giorni, ne servirebbero miliardi ed un piano di difficile attuazione. Credo che ancora oggi gli operatori sanitari e gli ospedali siano in difficoltà perché sento ogni giorno, come lo sentite tutti, quanti medici chiedono di essere attrezzati per continuare a combattere sul loro posto di lavoro ed assistere al meglio tutti i ricoverati. Quindi pensare che tutte queste risorse di prevenzione sanitaria siano destinate allo sport la vedo male da cittadino dal punto di vista sociale”, ammette Di Rocco.
Cosa fare allora per tutelare i nostri atleti?
“Cercheremo di utilizzare quelli che sono i dispositivi abituali che già sono usati, ad esempio, negli aeroporti o nelle stazioni per misurare la febbre e tutto quello che essenziale per la salute dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze e di tutti quelli che operano per loro. E poi ci preme che il ciclista non diventi elemento di diffusione del virus, questa sarebbe una cosa molto pericolosa e grave e ci darebbe un’altra etichetta che sicuramente non meritiamo perché fino ad oggi siamo stati veramente d’esempio per i nostri comportamenti”.
La Federazione a quali interventi di sostegno economico ha pensato per sostenere le società di base?
“Stiamo cercando di monitorare tutta la situazione per avere proprio dalle società un indirizzo, per dedicare sempre di più risorse a loro e che siano efficaci e utili. Noi abbiamo già deciso in Consiglio Federale di assicurare almeno 2 milioni di euro, perché eravamo stati virtuosi negli anni passati. Ora dobbiamo aspettare la fine di giugno per l’approvazione del bilancio dell’esercizio 2019 e se ci saranno delle risorse le metteremo completamente a disposizione”.
Magari anche per annullare o calmierare i costi di affiliazione e tesseramento per la stagione 2021?
“Ovvio pesare all’affiliazione – conferma il presidente FCI –, all’abbattimento al massimo possibile del nuovo tesseramento, anche per il mondo amatoriale, e utilizzeremo le nostre risorse anche per qualche aiuto a delle particolari attività in fase di ripartenza, soprattutto per quelle attività che abbiamo già citato e che si potranno svolgere su ciclodromi e quanto altro in questo primo periodo. Insomma, la delibera sullo stanziamento c’è già, in quale maniera e con quale modalità lasciateci ancora un po’ di tempo anche perché andrà ad impattare sul biennio 2020/2021. Pensate che solo per i mancati tesseramenti quest’anno parte un milione di euro. Se prendiamo in considerazione tutto quanto, in un anno, la Federazione da sola perde 6 milioni di euro. Ma la Federazione esiste perché esisto gli atleti e le società sportive, quindi il nostro ruolo lo svolgeremo con la massima determinazione possibile e andato a raschiare tutte le risorse che servono per far ripartire il sistema, senza mettere a rischio, ovviamente, anche il bilancio federale”.
E con le società e gli organizzatori che hanno già pagato le tasse federali per i loro eventi che poi non si sono disputati come vi comporterete?
“Alle società e agli organizzatori che quest’anno non svolgono attività, riconosceremo un voucher credito per il prossimo anno o restituiamo le tasse che hanno versato se non intendono garantire la continuità dell’evento. Però ci piacerebbe pedalare insieme alle società, aiutarle e sostenerle il massimo possibile e farlo spalmando questa ripartenza nel biennio in modo tale che anche gli sponsor, una volta che la Federazione darà un segnale forte di questa entità, si sentano impegnati anche loro nel continuare a sostenere le società sportive. Poi alcuni interventi di sostentamento economico potrebbero arrivare anche dalle singole regioni e valuteremo e integreremo, nel caso, anche questo”.
Quando si potrà tornare a fare delle gare ciclistiche in Italia?
“I tempi delle riaperture per gli eventi o le attività le stabiliscono in tutto il mondo i governi. Nei maggiori Paesi d’Europa gli eventi anche sportivi non sono possibili almeno fino al mese di agosto, ma è difficile ora fare previsioni. Il nostro calendario diciamo che è già pronto, abbiamo aspettato l’uscita del calendaro WorldTour per sapere le date di quegli eventi in quanto, spesso, alcune delle nostre organizzazioni condividono delle infrastrutture per organizzare le gare e dei servizi, come ad esempio i mezzi tecnici, con le società professionistiche. Come Unione Ciclistica Internazionale ci siamo già mossi per ricevere entro l’11 maggio le conferme e stilare tutti i calendari nazionali. Le Federazioni più grandi, come la nostra, quella francese e quella belga, avranno una maggiore flessibilità per sistemare i propri eventi, anche per quanto riguarda Under 23, Juniores, ciclismo femminile e tutte le altre discipline anche del fuoristrada per le quali abbiamo già stilato tutte le linee guida. Un altro dei problemi che sarà da valutare sarà quello relativo ai confini: oggi ci sono confini regionali in Italia, figuriamoci quali potranno essere le restrizioni e con quali tempi potranno essere tolti i confini fra nazioni. È uno scenario in cui bisogna avere molta pazienza ed essere pronti a ripartire, e lo siamo, e senza dare facile aspettative che poi magari non si realizzano. Però siamo ottimisti e il fatto che un calendario sia uscito e che gli altri sono pronti significa che vogliamo ripartire. C’era anche un’altra dottrina portata avanti da qualcuno che immaginava un anno bianco, noi se siamo dirigenti della Federazione è perché siamo stati eletti dalle società sportive e quindi dobbiamo rispondere solo e soltanto a loro. Da tutti i contatti che abbiamo sia a livello regionale che provinciale, perché tutti i venerdì alle 18 ci riuniamo virtualmente con tutti i presidenti regionali, l’opinione comune è ripartire anche se si potesse organizzare solo una gara, tanta è la voglia di ritornare su strada e fare ciclismo. Quindi il nostro dovere è rispettare la loro volontà. Seguiamo giorno per giorno tutte le attività con la convinzione di poter ripartire e far tornare a divertire le ragazze, i ragazzi e giocare con questa compagna di vita che è la bicicletta “.
Uno dei temi più caldi in questo periodo è stato quello del “congelamento delle categorie” per la stagione 2021 che la Federazione condivide…
“Devo dire grazie a Davide Cassani che ha raccolto un po’ tutte le varie discussioni emerse dal nostro Centro Studi dove ci sono ragazzi di grande esperienza e sono di supporto a tutte le nostre nazionali. Ha lanciato quindi questa riflessione che è stata utile per attualizzare tutte le attività del ciclismo. Rivedere tutte le attività che siamo abituati a fare e, visto che i tempi ce lo permettono, ripensare alcune cose e capire se potevano essere attualizzate o modificate. Devo dire che questo del blocco delle categorie è stato uno degli argomenti che finalmente ha coinvolto tutta la base e ci ha dato certezze. La proposta è passata attraverso i Comitati Regionali e tutti quanti hanno espresso totale convincimento, la proposta è stata approvata all’unanimità in Consiglio Federale e subito dopo ho scritto una lettera al mio presidente dell’UCI per valutare l’argomento che speriamo si possa discutere in tempi brevi, ma nel contempo abbiamo iniziato un’attività di lobby con moltissime altre Federazioni che sappiamo che ritengono opportuno anche loro intraprendere questo genere di strada; per cui speriamo di raggiungere l’obbiettivo, visto che dalla base fino in cima alla piramide tutti sono convinti che possa essere una buona modifica, soprattutto in questa fase di grande emergenza. Dare un anno in più a tutti i nostri ragazzi che quest’anno non hanno potuto correre credo sia una cosa giusta, soprattutto per gli Under che potrebbero avere difficoltà a trovare spazio in questo momento in squadre professionistiche perché l’imbuto si sta facendo più stretto e i passaggi saranno sicuramente ridotti al minimo”.
E all’estero come è recepita questa proposta di bloccare le categorie? C’è la stessa esigenza?
“Per questo dovremmo partire da un’analisi sociologica – premette Di Rocco -. Non c’è dubbio che i giovani della fascia 16-18 siano un po’ più maturi nei Paesi del Nord Europa, rispetto al giovane italiano che è un po’ più coccolato dai propri genitori e dalle famiglie. Sicuramente dal punti di vista della crescita sociologica ci sono enormi differenze. A livello di categorie c’era più la preoccupazione di snaturare una categoria, che è quella Under 23. In passato, andando indietro di un po’ di anni, in Italia avevamo la categoria degli Under 27, poi siamo scesi agli Under 25 e poi anche con il Giro d’Italia siamo arrivati ad Under 23 proprio per farlo diventare il Giro delle speranze. Oltre alle motivazioni tecniche che sono emerse, ne abbiamo aggiunte altre che sono più specifiche. Ad esempio che la categoria Under 23 è già di per sé snaturata. Perché quando al Campionato del Mondo o al Campionato Europeo partecipano ragazzi Under 23 che hanno già corso nel WorldTour con capacità tecniche differenti, gestione di gara differente, velocità di punta differenti, capite che snaturi la speranza di un ragazzo Under 23 reale. Perché questa deve essere una categoria di formazione per il passaggio al professionismo. E aggiungo un altro elemento: il fatto che quell’eventuale maglia iridata non la vedi in gara e io credo che tutti gli organizzatori abbiano il piacere di vedere alla partenza una maglia di campione del mondo o campione europeo e ora spesso queste maglie vengono conquistate e poi non possono essere utilizzate perché i vincitori appartengono alla categoria WorldTour e a vestire la maglia in quelle gare è il vincitore della categoria Elite. Con il congelamento, inoltre, si andrebbe a risolvere anche il problema legato alla maturità scolastica per i nostri ragazzi. Abbiamo sommato tante indicazioni e speriamo possano servire per fare valutare all’UCI questa proposta in senso positivo sia a livello tecnico, ma anche commerciale”.
Al di là dell’attività sportiva, la cosa positiva che sembra emergere da questa difficile situazione mondiale e che la bicicletta torna al centro delle attenzioni.
“La bicicletta rimessa al centro di un un sistema di mobilità futura – conferma il presidente – perché la comunità scientifica e matematica ci dice che nei prossimo otto-dieci mesi dovremo imparare a convivere oltre che con il virus anche con modalità differenti di trasporto. Per cui ci sono analisi in questo settore e che il ministro dei trasporti De Micheli abbia fatto la scelta di istituire un bonus per l’acquisto di biciclette è un segnale molto forte e ci fa grande piacere”.
Si tornerà a puntare anche sulle piste ciclabili?
“Spero che tutti gli investimenti sulle piste ciclabili avvengano in maniera sinergica. Intanto, bisognerà costruire delle piste ciclabili che siano davvero sicure e utilizzabili. Per la prima volta abbiamo avuto contatti col MIT (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ndr), perché la Fedarazione veniva considerata solo come agonismo e solo dopo aver spiegato loro che dall’agonismo si trasferiscono tutte le eccellenze tecnologiche, dai freni a disco, agli ammortizzatori a tutti gli accessori per la sicurezza, luci, materiali e gli indumenti hi-tech prodotti dalle nostre aziende vengono tutti poi trasferiti sulla mobilità quotidiana e il miglioramento della bicicletta in senso lato, ora siamo spesso chiamati al dialogo. E devo dire che abbiamo sostenuto con forza anche la riapertura dei negozi oltre che per l’assistenza anche per la vendita che crediamo fondamentale per auspicare anche che la gente utilizzi la bicicletta in questo momento”, conclude il presidente Renato Di Rocco.
(Servizio a cura di Giorgio Torre)