Il Giro d’Italia in questo maggio non c’è. E allora ance noi riprendiamo con piacere e proponiamo a tutti nostri lettori l’iniziativa SenzaGiro. Una squadra di scrittori e di illustratori ogni giorno racconterà lo svolgimento della corsa rosa mettendo in campo fantasia e passione per il ciclismo. Le storie di “un Giro che non c’è”, ugualmente appassionante e con un fine benefico.

È UN’INIZIATIVA BENEFICA, DONA SUBITO

Agrigento, 12 maggio 2020

dal nostro inviato: Daniele D’Aquila
illustrazione di Osvaldo Casanova

4a tappa: Monreale-Agrigento

«Capitanooooo!…..TRINACRIA!!!…». Così l’attendente deve aver urlato avvistando l’isola. In realtà no, ma ci piace immaginare che così sia andato lo sbarco. Anzi, gli sbarchi: fenici, pelasgi, minoici, greci, cartaginesi, bizantini, arabi, normanni, svevi, francesi, aragonesi, spagnoli, austriaci. Sono mancati giusto klingoniani e meganoidi, tanto che se chiedi a un anziano indigeno dello “sbarco in Sicilia” ti risponde «quale, Voscenza?!». Etnie, lingue, religioni, gastronomie, culture avvicendatesi per secoli, ad arricchire questa già florida terra che dovrebbe impettirsi d’orgoglio per le proprie meraviglie e invece più spesso arrossisce di vergogna.

A sbarcare in Sicilia oggi è un altro popolo, quello del ciclismo, non c’è una flotta ma una carovana, quella del Giro d’Italia, che non arriva a bordo di triremi greche né su knarr vichinghi bensì su biciclette da corsa, viaggiando non su legno ma su carbonio, per misurarsi a partire da questa tappa che attraversa tre province e tre millenni di storia, dai sicani all’Unione Europea. Si parte da Monreale, dove il Cristo ci ricorda qualcosa che fatichiamo a bene identificare quando dall’abside del Duomo allarga le braccia e non si capisce se per abbracciare il plotone o per sguinzagliarlo: «Andate e pedalate!». Obliterata la marchetta tzigana, il Giro d’Italia può cominciare.

Lo Squalo e l’Uomo del Mulino si spiano, Frooll punta su catenaccio e marcatura a uomo pensando all’Etna, SuperPeto ancora si lecca le ferite di Győr, Andersen teme di vedere finire la propria fiaba, Campenaerts non vuole suonare l’ultimo giro. Il giovane Evenepoel ha un talento d’oro zecchino, come quello che riempie le scanalature delle colonne del Duomo e che qualche turista da sedia elettrica cerca di staccare con un temperino; lui non vuol far la stessa fine, sogna la trollata ma teme la rappresaglia dei vecchi filibustieri. L’invidia è tutta di Ciccone che morde il freno ma deve piegarsi agli ordini di scuderia.

Così, tra sguardi incrociati e omertà diffuse si arriva a Campofelice. Mentre sfilano tra gli altri Dumoulin, Bardet, e Démare, le telecamere inquadrano una pasticceria di cui non ricordiamo il nome e che quindi chiamiamo convenzionalmente #nonsolocannoli: muri di cassatiedde, cronoscalate di cuciddati, madison tra pistacchi e mandorle, orgasmi di frutta martorana e le viennesi!…che a Vienna non ci sono ma qui chiamano così in omaggio agli Asburgo e che donano alla colazione mattutina una dimensione tra l’esoterico e l’apotropaico per esorcizzare la granita alla fragola con panna (che alcuni criminali vorrebbero patrimonio dell’umanità quando dovrebbe essere vietata per legge per l’assuefazione che causa). E i francesi paolocontianamente si incazzano, per la più grande scuola pasticcera al mondo che – come quando gli inglesi rifiutavano di giocare i Mondiali di calcio, ritenendo che i maestri non dovessero abbassarsi al confronto con gli allievi – non accetta ambasciate da un continente in cui per vendere il gelato lo si misura in palline.

Subito dopo Vicari, Majka parte in salita, lo rincorre Lopez permettendo il rientro di Fuglsang che gli si accoda subito. Seguono Ciccone sguinzagliato da Nibali, Evenepoel che ha qualcosa da dimostrare, più frittole assortite. I top-player lasciano fare perché tanto la strada è lunga, a Lercara Friddi il polacco scollina per primo e si porta dietro l’improvvisata posse. Quando comincia la discesa la cosa più difficile è non farsi distrarre dal paesaggio, c’è una gara a cui pensare ed una minifuga da riacciuffare. A Castel Termini il gruppo recupera, adesso lo si scorge in fondo allo stradone. Evenepoel riparte, gli stanno dietro solo Fuglsang, Majka e Lopez.

Sta per cominciare la salita verso la Valle dei Templi, retaggio ellenico che riporta direttamente a quei mediterranei che hanno inventato lo sport e guardando ai quali abbiamo mutuato l’idea dello stesso come una via di mezzo tra l’arte della guerra e la danza, una disciplina nobile per quanto profana in cui mostrare valori e virtù attraverso eleganti gesti tecnici (per quello durante le Olimpiadi non si inscenavano né battaglie né spettacoli: non servivano!).

Qui Evenepoel decide che la compagnia è bella ma lui ha da fare là sopra, saluta tutti e se ne va. In piedi sui pedali, tic-tòc tic-tòc, saltando da una parte all’altra della bici ortogonale alla strada come una lastra, va su come un camoscio. Il gruppo dei secondi nel frattempo viene molestato dal peloton che si sgrana nel rincorrere Evenepoel a cui risucchia sabbia dalla clessidra. Formolo si attarda, Froome arranca, Nibali tiene raccattando Ciccone sulla strada. Il belga consuma buona parte del vantaggio – che alla fine sarà di mezza clessidra sulla maglia rosa che torna a Nibali per pochi granelli – ma taglia il traguardo allargando le braccia nel più classico degli arrivi in solitaria: ecco cosa ci ricordava il Cristo Pantocratore!

Evenepoel ha voluto dare battaglia, gli avessero dato una bici da ciclocross si sarebbe sciroppato anche Scala dei Turchi per mandare una cartolina a Van der Poel. Ha speso molto e guadagnato relativamente poco, con in più la beffa di aver mancato la maglia rosa di tre datteri. Ha fatto bene? Ha fatto male? Chi lo sa! Ci viene in soccorso la tradizione sicula. Qui gli anziani recitano un vecchio adagio: «Cu mancia fa muddichi», chi mangia fa briciole.

E Remco oggi di fame ne aveva tanta…


Ascolta Daniele D’Aquila che legge il racconto della quarta tappa

 


Classifiche

Ordine d’arrivo tappa 4

1 Remco Evenepoel (+10″)
2 Jakob Fuglsang 13” (+6″)
3 Miguel Ángel López 15” (+4″)
4 Rafał Majka 16”
5 Vincenzo Nibali 23”
6 Giulio Ciccone st
7 Tom Dumoulin st
8 Tejay Van Garderen 29”
9 Il’nur Zakarin st
10 Tim Wellens 30”

Classifica Generale tappa 4

1 Vincenzo Nibali
2 Tom Dumoulin st
3 Remco Evenepoel a 3”
4 Davide Formolo a 10”
5 Adam Hansen a 13’’
6 Søren Kragh Andersen a 15’’
7 Tim Wellens a 17’’
8 Wilco Kelderman a 19’’
9 Jakob Fuglsang a 20”
10 Giulio Ciccone a 33”
Miguel Ángel López a 39”
Damiano Caruso a 45”
Richard Carapaz a 48”
Romain Bardet a 49”
Chris Froome a 58”
Simon Yates a 59”
Tejay Van Garderen a 01’14”
Il’nur Zakarin a 01’21”

Maglie tappa 4

Maglia Rosa: Vincenzo Nibali
Maglia Ciclamino: Elia Viviani
Maglia Azzurra: Remco Evenepoel
Maglia Bianca: Remco Evenepoel

 

COSA È SENZAGIRO?

Un maggio senza Giro è qualcosa di impensabile per gli appassionati di ciclismo. Per questo motivo, in omaggio a una tradizione che dal 1909 accompagna la Corsa Rosa, abbiamo pensato di regalarci e di regalare a chi avrà la voglia, e la bontà, di seguirci le storie di “un Giro che non c’è”. Una iniziativa a sostegno della raccolta fondi per sostenere le attività di Namasté, associazione che opera sul territorio di Bergamo assistendo migliaia di persone fragili, in una terra particolarmente colpita dal nuovo Coronavirus.

Una squadra di scrittori e di illustratori ogni giorno racconterà lo svolgimento della corsa rosa mettendo in campo fantasia e passione per il ciclismo. Ciascuna tappa avrà un narratore e un illustratore diverso: l’invenzione della corsa e la classifica che ne deriveranno andranno a comporsi in un puzzle di sguardi differenti, in una visione d’insieme che è sport, geografia, paesaggio, storia e storie lungo le strade e la primavera del Giro.

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