BERGAMO (BG) – Esattamente un anno fa ci lasciava il grande campione del ciclismo Felice Gimondi. Era la sera del 16 agosto 2019, quando la notizia incominciò a diffondersi, un’improvviso malore nel mare della Sicilia si era portato via il campione di Sedrina, lasciando increduli tutti gli appassionati di ciclismo e non solo.

Nato a Sedrina (Bergamo) il 29 settembre 1942, Gimondi era un ciclista di fama mondiale: è stato professionista dal 1965 al 1979, scrivendo pagine indelebili dello sport e protagonista di un mitico duello con l’eterno rivale Eddy Merkx. Era uno dei sette corridori ad aver vinto tutti e tre i grandi Giri: il Giro d’Italia (per tre volte, nel 1967, 1969 e 1976), il Tour de France (nel 1965) e la Vuelta a España (nel 1968). Ha vinto anche un Campionato del Mondo nel 1973.

Lo scorso dicembre BICITV ha voluto onorare la sua memoria dedicandogli uno speciale all’interno dell’Almanacco del Ciclismo Bergamasco 2019, nel quale abbiamo raccolto numerose testimonianze di campioni e personalità del mondo del ciclismo che ci hanno voluto lasciare un loro personale pensiero e ricordo di Felice Gimondi. Ad un anno distanza dalla sua morte ve li riproponiamo in questa pagina.

Felice Gimondi con Vittorio Adorni (archivio famiglia Gimondi)

Felice Gimondi con Vittorio Adorni (archivio famiglia Gimondi)

Vittorio Adorni

Campione del mondo 1968 e vincitore Giro d’Italia 1965

Quando Felice è venuto in squadra con me alla Salvarani nel 1965, lui era ancora un ragazzo perché aveva sei anni meno di me, però si è dimostrato immediatamente un campione perché ha vinto subito il Tour e altre gare di prestigio. Abbiamo condiviso due anni molto importanti e io gli ho fatto conoscere la moglie Tiziana. Siamo stati tante volte in camera insieme, ci siamo aiutati e confrontati. Felice è qualcosa in più di un amico perché abbiamo condiviso momenti di vita per molti anni. Spesso lui ha aiutato me in gara e spesso io ho aiutato lui a vincere grandi classifiche come Il Lombardia, la Parigi-Roubaix, la Parigi-Bruxelles. Sono cose che è difficile dimenticare.

 Gianni Motta

Vincitore Giro d’Italia 1966

Per la mia carriera Felice ha significato molto. Sono passato professionista prima io di lui, quindi inizialmente la gente guardava me. Poi è arrivato lui che ha subito vinto il Tour, la Roubaix e la Parigi-Bruxelles. Allora in quel momento abbiamo iniziato a “scannarci” un po’, ma era uno “scannarsi” che faceva bene al nostro sport. Una rivalità che per qualche anno ha fatto bene al ciclismo perché c’erano i Mottiani ed i Gimondiani. Poi negli anni gli angoli si erano un pochettino smussati ed eravamo diventati molto amici. Dispiace molto che se ne sia andato. Sento che manca perché ogni tanto quando si è a tavola tra amici, da sempre, scappava qualche battuta simpatica sulla nostra rivalità. Adesso non si può più. E ci manca qualche cosa. Uno dei ricordi più recenti di Felice e che conservo con simpatia è successo al Giro d’Italia, quest’anno: ci siamo trovati a Biella prima della partenza. Eravamo seduti su una panca aspettando che arrivassero i corridori e lui si informava da me e mi dava consigli su come prendere le pastiglie per i vari acciacchi di vecchiaia. È una cosa che mi è rimasta impressa. Anche perché dopo che mi stavo allontanando lui, mi ha richiamato e mi ha urlato: “Gianni mi raccomando. Curati! Rallenta con la bici!”.

Felice Gimondi con Gianni Motta (archivio famiglia Gimondi)

Felice Gimondi con Gianni Motta (archivio famiglia Gimondi)

Francesco Moser

Campione del mondo 1977 e vincitore del Giro d’Italia 1984

Con Gimondi ho condiviso i primi anni della mia carriera professionistica e quando ancora non correvo lo vedevo perchè andavo a seguire i miei fratelli. Da professionisti ci siamo ritrovati da avversari, abbiamo corso insieme dal ‘73 al ’78 e ne abbiamo condivise un po’ di avventure. Quando abbiamo smesso di correre, entrambi eravamo membri delle commissioni UCI e spesso viaggiavamo insieme verso Losanna. Quando eravamo avversari era un po’ diverso, ma dopo siamo sempre andati d’accordo perché Felice era uno che sapeva cosa era la vita ed era bello parlare con lui.

Giuseppe Saronni

Campione del mondo 1982 e vincitore del Giro d’Italia 1979 e 1983.

Io ho avuto la fortuna di conoscere Felice da corridore quando sono passato professionista nel 1977 lui era alla fine della carriera. Devo dire che noi giovani lo vedevamo come un personaggio punto di riferimento, un campione a cui veniva dato un grande rispetto, gli davamo del Lei. Quando era corridore era molto chiuso, molto “barbottone”, molto duro se volete, e devo dire che ho imparato a conoscerlo ancora meglio dopo, quando ho smesso di correre, con più tranquillità e con più serenità. Ci trovavamo spesso nelle feste, nelle premiazioni e ci si scambiavamo delle opinioni. Aveva la mia e io avevo la sua mentalità, coincidevano tante cose nei nostri pensieri e devo dire che io mi divertivo molto a chiacchierare con Felice perché diceva delle cose veramente belle e sagge che dovrebbero ascoltarle anche i ragazzi di oggi. Confesso che gli incontri con Felice mi mancheranno tanto. Era una persona schiva, riservata, ma aveva una personalità e una mentalità veramente importanti.

Dino Zandegù

Vincitore Giro delle Fiandre 1967

Lui era il mio capitano e con Felice ho passato sei anni come compagno di squadra che mi hanno regalato tante belle esperienze, tante belle giornate di ciclismo, tante soddisfazioni e una grande amicizia. Era piacevole stare insieme a lui ed era per tutti noi un esempio. Forse la sua impresa che ricordo con più piacere, e che tutti noi aspettavamo, è quella compiuta al Giro d’Italia 1967 con la vittoria a Tirano quando staccò tutti gli avversari. Ci fece questo grande regalo e ricordo che la sera facemmo festa fino a tardi. Anche al mio Giro delle Fiandre lui è stato protagonista nel darmi una mano per vincere. Abbiamo perso tutti una persona eccezionale. Sono molto molto triste. Dopo la sua morte ho passato quindici giorni che non auguro a nessuno.

Gianbattista Baronchelli

Vincitore Giro di Lombardia 1977 e 1986

Io ho fatto in tempo a condividere con lui i primi cinque anni della mia carriera professionistica. È stata un’esperienza importante. Un uomo con una personalità sopra il normale. Lui ha dedicato la sua vita a questo sport e ha avuto tantissime soddisfazioni. Sicuramente è stata una persona che è stata un esempio da seguire per noi giovani allora, ma anche per i giovani di adesso che dovrebbero andare a studiare e a vedere la sua carriera e il suo modo di vivere una vita e questo sport in modo esemplare. È uno di quei personaggi che non capitano spesso.

La maglia rosa Andres Camilo Ardila con Dancelli e Moser

Michele Dancelli

Vincitore Milano-Sanremo 1970

Felice Gimondi è stato un amico. È della classe ’42 come me e ci siamo conosciuti quando ancora eravamo dilettanti. Io l’ho sempre chiamato ogni anno per fargli gli auguri di compleanno perché li compie proprio nel giorno di San Michele. Lui è arrivato nei professionisti un anno dopo di me. È diventato un super cronometrista ed un regolarista fuori dal comune e l’ho sempre stimato per questo.

Marino Vigna

Campione olimpico Inseguimento a squadra Roma 1960

Quando Felice è passato professionista io correvo ancora e abbiamo condiviso tre anni in gruppo e lui mi piaceva molto perché aveva carattere, si sapeva far rispettare anche se era un neoprofessionista e poi ha continuato in modo splendido. Con lui ho sempre avuto un buon rapporto, salvo quei tre anni in cui io ero in Faema con Merckx e allora lì c’è stato un po’ di agonismo, magari anche esasperato, però poi finite le corse siamo tornati buoni amici.

Attilio Rota

Ex professionista

Io ho vissuto un’epoca con Gimondi perché per dieci anni siamo stati insieme in gruppo. È stato un personaggio grandissimo per l’Italia. Io dico che lui era come Sofia Loren, sono personaggi che sono dei simboli dell’Italia. A dir la verità lui mi ha sempre voluto in squadra con lui, ma alla fine la cosa non si è mai concretizzata. Mi è dispiaciuto un po’ però conservo il ricordo di un grandissimo personaggio e il suo valore anche umano che tutti riconoscono.

Ennio Vanotti

Ex professionista

Al mio primo anno da professionista passavo a casa sua per andare ad allenarci insieme. Alcune volte arrivavo in anticipo, suonavo e lui mi faceva salire in casa per bere un caffè. Tiziana mi ospitava in casa, io bevevo un caffè in più rispetto a quella che era la regola, ma personalmente mi faceva molto piacere che mi accogliessero in casa. Era il suo ultimo anno da professionista, per me era il primo ed era un onore uscire in bici con lui tutte le mattine.

Maurizio Fondriest

Campione del mondo 1988

Un ricordo che è anche simpatico che riguarda Felice è legato al mio dopo carriera: una massaggiatrice americana ci aveva chiamato perché voleva organizzare una granfondo di beneficenza a Como per raccogliere fondi per i bambini. Aveva chiesto a me, a Bugno e a Gimondi. Ma c’era poco di organizzato. Eravamo tre campioni del mondo e nessun altro. Avevamo fatto una ventina di chilometri lungo il lago, scortati dalle moto e poi tornati. E mi ricordo che con Felice c’eravamo un po’ parlati e ci aveva fatto sorridere questa vicenda. Un fatto che ricordo con simpatia. Quando ha organizzato la festa dei 70 anni poi mi aveva chiamato per essere presente a Bergamo e mi aveva fatto molto piacere questo suo invito per il suo compleanno. Questi sono i due ricordi personali che voglio tenere in mente di Gimondi.

Paolo Bettini vince il 100° Giro d'Italia

Paolo Bettini

Campione olimpico Atene 2004 e campione del mondo 2006 e 2007

Io di Felice ho un ricordo molto piacevole legato al mio primo dopo carriera, cioè ai primi anni che ho smesso di correre e in particolare ai primi Giri d’Italia che ho vissuto da ex atleta, lavorando per qualche azienda che sponsorizzava il Giro. In quei momenti spesso ci si trovava all’hospitality ed era un momento di relax piacevole in attesa dell’arrivo della tappa. Felice aveva ogni giorno una parola per darci morale a noi più giovani. Di solito diceva: “Dai un’altra tappa se ne è andata ed è una fatica in meno per domani”. Momenti lontani dal ciclismo pedalato, dal ciclismo tecnico, ma momenti di vita che abbiamo condiviso.

Wladimir Belli

Ex professionista di Sedrina e commentatore Eurosport

Io ho iniziato tardi ad andare in bicicletta, proprio nel Pedale Sedrinese. Mi ricordo a quel tempo che si organizzava una cronoscalata a Sedrina e Felice era arrivato per le premiazioni. Ancora oggi non dimentico l’emozione che avevo provato ad andare da lui per farmi fare un autografo. Da quel momento è scattato qualcosa che mi ha spinto a provare ad andare in bici. Parte di quello che ho fatto nella mia carriera è anche merito di Felice, visto che a Sedrina sentivamo in modo particolare tutte quelle che sono state le sue imprese.

Marco Saligari

Ex professionista e commentatore RaiSport

Felice Gimondi ha rappresentato il ciclismo per tutti e non sarò banale nel dire che non solo lo ricorderemo come campione, ma anche io ci tengo a ricordarlo come uom, un amico, un uomo di spessore, un uomo semplice e forse è proprio per questo che sarà ricordato per sempre.

Savoldelli, Gimondi e Gotti

Savoldelli, Gimondi e Gotti

Paolo Savoldelli

Vincitore del Giro d’Italia 2002 e 2005

Sono nato nel 1973 e di Felice Gimondi ne ho sempre sentito parlare da corridore soprattutto da mio papà. Ho sentito i racconti delle grandi sfide con Merckx e poi ho avuto il piacere di conoscerlo quando sono diventato professionista. Mi ha dato tanti consigli perché era un uomo saggio e carismatico. Abbiamo poi avuto modo di collaborare in occasione dell’organizzazione delle tappe bergamasche del Giro d’Italia. È stato sicuramente un grande del ciclismo bergamasco, italiano e mondiale. Una persona che è stato capace di realizzarsi anche nella vita post ciclistica che non è una cosa così scontata.

Ivan Gotti

Vincitore del Giro d’Italia 1997 e 1998

Il primo ricordo di Felice Gimondi è quello di quando ero ragazzino e lui rappresentava il campione di riferimento. Essendo anche io della Valle Brembana è stata una figura che ha accompagnato tutta la mia carriera giovanile e la mia crescita. Mi capitava spesso di vederlo o a San Pellegrino o in altre occasioni e poi quando correvo al Paladina era sempre un’emozione passare davanti a casa sua ogni volta che andavo a fare l’allenamento. Per tutti noi ragazzi era il campione da imitare. Da sempre mi parlava di lui mio padre, tutti in famiglia lo stimavano. Lo stesso staff del Paladina ci raccontava delle sue imprese sportive, ma soprattutto dei suoi allenamenti in Val Taleggio, dei suoi sacrifici e come si diceva ai tempi, che era uno che “faceva la vita da corridore”. Insomma, un esempio per tutti. Delle mie vittorie al Giro conservo una foto insieme a lui, quando mi era venuto a trovare prima di una tappa per farmi il suo personale in bocca al lupo. In realtà, poi, ho avuto modo di conoscere Felice Gimondi più alla fine della mia carriera, grazie a Giovanni Bettineschi che ci ha coinvolto nel progetto di organizzazione delle tappe bergamasche del Giro d’Italia e anche in quel frangente di lui ho ammirato la grande capacità che aveva nel relazionarsi anche con le autorità, con semplicità, ma sempre con grande carisma.

Moreno Argentin

Campione del mondo 1986

Felice mi ha accompagnato durante la mia carriera, soprattutto da giovane perché dopo i primi anni con la Sammontana, dove ho esordito, approdai alla Sammontana Bianchi con Felice team manager e con lui ho avuto il piacere di stare cinque anni e raccogliere tutte le sue esperienze, perché Gimondi era un libro aperto quando ci trovavamo nei ritiri o in certi momenti di riposto. Ci raccontava le sue esperienze, ma soprattutto era molto utile per noi quando non riuscivamo a trovare la strada dei risultati e lui con la sua esperienza ci tranquillizzava. Però una delle cose per cui devo essere grado a Felice è successa nel 1986, l’anno della mia vittoria al Mondiale. Io cadetti al Gran Premio di Zurigo, mi ruppi la clavicola e da Zurigo mi portarono a Milano in un ospedale per curarmi. La previsione era quella di ingessarmi per quaranta giorni. Grazie alle sue conoscenze mi convinse a firmare l’uscita dall’ospedale e il giorno dopo mi portò a Bergamo dal professore Danilo Tagliabue che a quel tempo aveva delle tecniche un po’ innovative e che mi operò immediatamente, velocizzando i tempi di recupero. E quindi grazie anche a questo suo apporto riuscì a ritrovare la condizione per vincere il Mondiale. Se non mi avesse aiutato ad accorciare i tempi di recupero, quel Mondiale non l’avrei mai vinto. Quindi sono particolarmente grato a lui, anche se non l’ho mai detto, ma la verità è questa. Felice è stata una persona carismatica. Lui non si è mai piegato alle cose che secondo lui non dovevano essere buone per il movimento. Lui avrebbe potuto fare anche il presidente dell’Unione Ciclistica Internazionale, ha ricoperto cariche italiane importanti, ma ha voluto sempre stare di supporto ai vari presidenti, non ha mai voluto invadere il campo. Non perché non ne avesse avuto le capacità, ma perché lui voleva bene al ciclismo e in tutte le cariche che ha ricoperto ha sempre fatto gli interessi del movimento, ma soprattutto dei corridori. Ed è una dote che non tutti hanno. È stato un grande uomo.

Gianni Bugno

Campione del mondo 1991 e 1992, vincitore del Giro d’Italia 1990

Felice ha rappresentato tutto per il ciclismo. È la storia del ciclismo. È una figura che manca e sicuramente ne sentiremo sempre più la mancanza. È stato uno dei grandi. Uno tra i più grandi. Lo dobbiamo ricordare per quello che è stato e purtroppo ci è mancato troppo presto. Ho tanti ricordi di lui che delineano il grande campione, la persona e la sua grande umanità.

Silvio Martinello

Ex professionista e commentatore RadioRai

Io a Felice sono legato ad un ricordo particolare perché fu il dirigente che mi fece passare tra i professionisti. Il mio primo contratto, dopo i Mondiali in Italia del 1985, lo firmai proprio con Felice Gimondi in un albergo di Treviso dove lui alloggiava in attesa delle gare su strada dei professionisti. Moreno Argentin, che fu terzo in quel Mondiale, era un corridore della Bianchi, e lui era il presidente della Sammontana Bianchi e lo raggiunsi in quell’hotel per firmare il primo contratto da professionista. È chiaro che questo per me fu un ricordo molto importante perché fu colui che mi aprì le porte al professionismo. Io poi feci la mia carriera e negli anni ebbi modo di apprezzare la sua “durezza”, ma lo dico con accezione positiva dell’uomo: ovvero l’uomo sempre corretto, l’uomo onesto, l’uomo retto, che amava fare le cose per bene e pretendeva altrettanta correttezza ed onestà. È giusto ricordarlo per la grande persona che è stata, oltre che per il grande campione.

Andrea Tafi

Unico italiano a vincere Giro delle Fiandre e Parigi-Roubaix

Ci sarebbe tanto da dire su Gimondi per quello che ha fatto nel mondo del ciclismo e non solo. Una persona molto pacata, una persona molto motivata e concentrata nel proprio mestiere e lo ha dimostrato l’amore immenso che la gente gli ha riservato. Mi ricordo che qualche anno fa mi aveva chiamato per la sua Gran Fondo in occasione della celebrazione della Parigi-Bruxelles che, come la Roubaix, anche io come lui ho vinto in carriera, ed era stata una giornata molto bella. Un ricordo indelebile, di una persona eccezionale.

Beppe “Turbo” Guerini

Ex professionista

Io non ho conosciuto Felice come corridore e quindi non sono cresciuto nel suo mito. Però avendolo conosciuto dopo negli ultimi anni della mia carriera e poi avendolo frequentato anche per lavoro in Bianchi ho avuto modo di conoscere la persona splendida che era, la persona trasparente, schietta, appassionatissima di ciclismo, un vero bergamasco. Ha sempre lavorato per il ciclismo e per il bene del ciclismo e forse oggi è questo che ci manca di più.

Cadel Evans

Campione del mondo su strada 2009

Ai suoi tempi, purtroppo, il ciclismo non era ancora molto conosciuto in Australia. Quando sono arrivato in Italia ho iniziato a conoscere questo grande nome. Era una persona che ancora oggi era molto conosciuta, nonostante siano passati tanti anni dalle sue imprese, ciò significa che è stato un grandissimo campione e che ha fatto qualcosa di importante per il nostro sport.

Gilberto Simoni

Vincitore Giro d’Italia 2001 e 2003

Non ho mai conosciuto personalmente Felice. So chi è, so cosa ha fatto ed era un bel campione da imitare, sicuramente irraggiungibile perché ha raccolto grandi successi. Quello che mi è piaciuto di più di Gimondi è stato che aveva una squadra di mountain-bike. Lui che veniva dalla strada e dalla pista ha avuto anche questa visione, questa lungimiranza di scommettere su questa nuova specialità. Si è dimostrato pronto a lanciarsi anche nelle sfide moderne ed è la cosa di lui che mi ha affascinato più di tutto. Ho avuto anche il piacere di partecipare alla sua gara, la GimondiBike, e chiudere terzo, davanti a me l’iridato Absalon e Marzio Deho. Una grande sfida e un bel ricordo anche di lui in quella bella giornata.

Valerio Tebaldi

Ex professionista

L’aneddoto che mi viene sempre in mente ripensando a Felice risale al 1988,  quando ho vinto la mia prima tappa al Tour. Qualche giorno dopo stavo facendo i massaggi da Isaia Tomi e sento che mentre mi massaggia mi dice: “Valerio, guarda chi c’è qua”. Alzo la testa dal lettino e c’era Felice davanti a me che mi disse: “Brao campiù. Ta sét ‘ndacc bé anche al Tour”. E questo è un ricordo e un’emozione che mi rimarrà per sempre nel cuore.

Giovanni Fidanza

Ex professionista

Un grande campione, penso che la mia generazione, da bambini, abbia sognato guardando Gimondi in televisione e ammirato le sue imprese. Mi ricordo quando ha vinto a Barcellona il Mondiale che siamo andati con la mia famiglia sotto casa sua e c’era una marea di gente a salutarlo. Quel ricordo veramente ti fa capire l’importanza che aveva questo grande campione per la terra bergamasca, ma direi per tutta l’Italia.

Alessandro Ballan

Campione del mondo 2008

Felice per me voleva dire tantissimo, è stata un’icona di questo sport e una delle persone che mi ha fatto avvicinare al ciclismo perché mio papà mi parlava sempre di grandi corridori. Di Coppi, di Bartali e anche di Gimondi. E poi ogni volta che lo incontravo alle corse, oppure a qualche evento, la sua semplicità e il suo sorriso mi colpivano sempre. Era una persona piacevole con cui scambiare due chiacchiere e penso sia stata una grande perdita per tutti. Mi ricordo che al Campionato del Mondo di Varese 2008 era presente ed era uno di quelli che si aspettava Alessandro Ballan vincitore della corsa e ha avuto ragione e anche questo mi ha sempre fatto sentire molto vicino a lui.

Stefano Garzelli

Vincitore Giro d’Italia 2000, Commentatore RaiSport

Ho un ricordo particolare perché ho vissuto Felice Gimondi ai tempi della Mercatone Uno, sia quando si iniziò nel 1997 con Pantani che poi dopo quando ho vinto il Giro d’Italia nel 2000. Mi è stato molto vicino. Ricordo alcune frasi particolari. Senza dubbio per quanto mi riguarda è stato un personaggio e una presenza importante per la mia carriera. Era una di quelle persone che parlava poco, ma quando parlava ti affascinava con le sue parole.

Ivan Basso

Vincitore Giro d’Italia 2006 e 2010

Felice è un’icona. Io non ho potuto vivere i suoi anni ciclistici perché non ero ancora nato però era un atleta che per tutti quelli della mia generazione, quando lo vedevi, aveva sempre una parola buona, una parola incoraggiante, sempre un uomo che era capace di dire qualcosa di interessante. Era una persona dotata di una grande energia, con virtù e come Alfredo Martini quando ti dicevano qualcosa era sempre qualcosa di significativo e quindi lo porterò sempre nel mio cuore.

Alberto Contador

Tra i sette corridori della storia a vincere Giro, Tour e Vuelta

Quello che conosco di Gimondi è la storia. Ho avuto modo di incontrarlo in qualche premiazione, ma non l’ho mai conosciuto per davvero. Penso che sia stato un grande campione, un grande nome, un grande protagonista del ciclismo perché tanta gente mi ha raccontato delle sue gesta e questo vuol dire che è stata una persona carismatica, non solo per il ciclismo, ma anche a livello umano.

Davide Villella

Professionista bergamasco, Astana Pro Team

Gimondi sappiamo tutti cosa ha rappresentato per il ciclismo bergamasco e per tutto il mondo. Sicuramente la sua è stata una scomparsa che ha fatto male. L’ho incontrato diverse volte quando prima di Natale il Gc Almenno, la società in cui sono cresciuto, fa la sua festa con tutti i ragazzi e bastava solo uno sguardo o una stretta di mano per capire che energia poteva trasmetterti.

Fabrizio Bontempi

Ex professionista e Team Manager

Felice Gimondi è stata la persona che mi ha fatto firmare il primo contratto per passare professionista e curiosamente anche colui che mi ha “convinto” a smettere di correre per intraprendere sempre con lui la carriera di DS – Team Manager.Una persona molto importante per me, sia prima come corridore che poi come direttore sportivo e team manager. Dopo le Olimpiadi di Seoul, ricordo di essere andato a Seriate con Paolo Rosola, alla casa di Piazzalunga, lo storico meccanico di Gimondi, per firmare con Felice e la Gewiss Bianchi il mio primo contratto da professionista. Poi l’anno dopo la squadra ha chiuso e io sono passato al team di Saronni con cui ho fatto la mia carriera. Nel 1998 ho fatto il mio ultimo anno da professionista. Avevo in tasca ancora un altro anno di contratto ed è stato proprio Felice a convincermi a smettere e a provare a diventare Direttore Sportivo – Team Manager. Mi chiamò e mi volle con lui al team Bianchi MTB, anche in questo caso aprendomi la strada verso il mestiere del team manager. Con lui ho sempre avuto un legame molto forte. Era una persona decisa e di parola.

Da sinistra: Massimo Ghirotto, Marco Aurelio Fontana e Felice Gimondi

Da sinistra: Massimo Ghirotto, Marco Aurelio Fontana e Felice Gimondi

Massimo Ghirotto

Ex professionista e team manager Bianchi Countervail

Tutto è cominciato 20 anni fa quando ricevetti una telefonata da Felice e mi diede in mano la sua squadra MTB che per me fu una cosa stravolgente perché io venivo dal mondo della strada e lui mi parlava di mountain-bike. E da vent’anni a questa parte mi ha messo al timone della squadra anche se per me lui è sempre stato il mio riferimento quotidiano. Sul campione Gimondi non c’è molto da dire perché tutti sappiamo che è stato uno dei più grandi di sempre. Io ho conosciuto l’uomo Gimondi e devo dire la verità non ho mai finito di conoscerlo, perché in ogni occasione lui alzava l’asticella della conoscenza, dei consigli. Un uomo di una grandissima statura morale. Era un uomo molto deciso, ma era un uomo che si levava il cappello quando dava la mano a una signora. Per me è stato un fratello!

Chiara Teocchi

Biker team Bianchi Countervail

Per me Felice era come un secondo papà. Nei momenti belli e nei momenti brutti lui c’è sempre stato. Quest’anno a inizio stagione ho passato uno dei momenti più brutti di tutta la mia carriera e veramente lui si è sempre fatto sentire, non mi ha mai lasciato sola. Purtroppo, è venuto a mancare lo scorso agosto, ma so che ci guarda da lassù e ci dà un sacco di forza. Quelli passati con lui in Bianchi sono stati i dieci anni più belli della mia vita e li porterò per sempre nel mio cuore. Con loro ho imparato tanto e mi hanno fatto fare un salto di qualità fantastico. Porterò il Team Bianchi e Felice per sempre nel mio cuore.

Nadir Colledani

Biker team Bianchi Countervail

Dopo la morte di Felice ci tenevo tantissimo a vincere la sua GimondiBike, a metà gara gli ho chiesto anche aiuto nella mia mente in un momento di difficoltà ed essere riuscito a tagliare per primo il traguardo mi ha dato una gioia immensa. Per me era l’ultima corsa con la maglia del team Bianchi volevo onorare il team e la memoria del nostro grande presidente. Sono felice di esserci riuscito.

Renato Di Rocco

Presidente Federazione Ciclistica Italiana

La rivalità di Felice Gimondi con Eddy Merckx ha contrassegnato un’epoca, facendo la storia del nostro sport. Felice era un campione apprezzato da tutti nel gruppo e lo è stato poi anche da dirigente. Dimostrazione ne è il rapporto umano che si è instaurato tra lui e Merckx, che ha sfidato il tempo e che resta a mio avviso uno dei più chiari esempi di fair play.

Il mio ricordo sicuramente più vivo risale al successo di Felice al Campionato del Mondo di Barcellona, nel 1973. Sembrava impossibile, nei giri finali del circuito, che qualcuno potesse togliere il successo ad Eddy, che poteva contare anche su Maertens. Quella volata, condotta con intelligenza tattica, fu anche una grande lezione di vita per tutti: non ci sono sfide impossibili.

Mi sembra che tutta la carriera sportiva di Felice abbia questo filo conduttore, ovvero quello di un campione che ha accettato, consapevolmente e con grande intelligenza, il destino di nascere nell’epoca in cui si è trovato a combattere con qualcuno di ancora più forte, ma non ha mai smesso di lottare, uscendone alla fine vincitore.

Davide Cassani

CT Nazionale Italiana di ciclismo

Felice è stato l’unico campione per cui io abbia tifato e dopo di lui io non ho avuto più nessun beniamino. Era il mio idolo. Il giorno che firmai per la Gewiss arrivò lui all’uscita autostradale di Parma e mi sembrava un sogno perché Gimondi per me è sempre stato qualcosa di lontano perché è sempre stato il mio campione preferito. E potete capire, nel mio immaginario, cosa era, cosa è e cosa sarà per sempre Felice Gimondi per me.

Auro Bulbarelli

Direttore RaiSport

Di Felice conservo nel mio cuore un’immagine della diretta televisiva di una partenza del Giro d’Italia da Saint-Vincent e dietro Felice Gimondi c’era il mio papà che all’epoca era capo ufficio stampa del Giro. Quella è un’inquadratura per me indimenticabile, nella quale io ho il mio papà e Felice Gimondi vicini. E poi Felice ho avuto modo di conoscerlo ogni qual volta c’era modo di ospitarlo o fargli un’intervista in Rai ed era sempre il primo ad essere disponibile. Mi permetto di dire che tra noi c’era un ottimo rapporto, sfociato e cementato quella sera in cui celebrammo i suoi 70 anni a Bergamo, facemmo una trasmissione di oltre 2 ore, con Ruggeri che cantò “Gimondi e il Cannibale” in diretta sul palco. Io di Felice ho un ricordo stupendo e più passa il tempo e più penso che una persona così non dovesse invecchiare troppo. Lui la sua vita l’ha portata avanti sino all’ultimo istante da persona sana, da persona felice, con la sua famiglia, in un bel posto. Il destino ha voluto questo e io lo ricorderò sempre con affetto e stima.

Andrea Monti

Direttore Gazzetta dello Sport (fino al 21 giugno 2020)

Felice Gimondi per me e per la Gazzetta è stato un campione, un fuoriclasse, un protagonista e un papà. Dicevano che fosse una persona chiusa, ma Felice era una delle persone più simpatiche, intelligenti e capace di battute di racconto più intelligenti che io abbia mai conosciuto. Mi ha insegnato personalmente un pezzo del ciclismo che amo. Quando lui arrivava in Gazzetta, si sedeva nella poltrona davanti a me e cominciava spesso a brontolare su una cosa e poi bastava dargli il giro giusto e lui iniziava a raccontare. Aveva una capacità di raccontare l’essenza vera del ciclismo che, sì è fatica è sudore, ma è anche grande gioia, è intelligenza, è creatività. E Felice era un fuoriclasse anche perché era un fuoriclasse creativo, una persona che non ha mai smesso di sognare e, come diceva lui, di tenere duro. La cosa molto divertente era quando lui parlava di Merckx e diceva: “Io sono sfigato perché sono nato in quella generazione lì, però mi è capitato anche di vincere”. Questo è l’elemento che conservo come lezione più importante per la mia vita. Un misto di umiltà, di intelligenza e di forza.

Antonio Rossi

Sottosegretario Grandi Eventi Sportivi Regione Lombardia

Il ciclismo è uno sport duro e da appassionato sportivo e grande tifoso di Felice Gimondi faccio fatica a trattenere la commozione pensando alle tante emozioni che mi ha regalato. Lui ha insegnato a tanti ragazzi della mia e di altre generazioni che anche per un grande talento lo sport è sacrificio e rigore. Le sue sfide epiche con Merckx hanno infiammato gli animi di milioni di persone. La sua abnegazione è stata d’insegnamento a tanti giovani che si sono cimentati in sport anche molto diversi dal ciclismo, è stato una fonte di ispirazione anche per me. Da Assessore regionale prima e Sottosegretario poi, ho avuto l’onore di conoscere un uomo di grandi valori e per il quale nutrirò sempre una profonda stima. Per questo non posso che chiudere gli occhi, rivolgere il mio pensiero al cielo e dire grazie Felice.

Giorgio Gori

Sindaco di Bergamo

Felice Gimondi è uno dei nostri campioni più grandi di ogni tempo. Ma per noi bergamaschi ha significato ancora di più. Gimondi ha rappresentato la migliore sintesi dei valori della nostra terra, tenacia, forza, onestà, fatica, un modo di essere che per Felice andava oltre il ciclismo, quando diceva “Salire e andare, salire e pedalare sempre, questa è la bici e questa è la nostra vita.”
Da bambino non lo capivo, allora facevo il tifo per Eddy Merckx. Ai bambini piacciono i vincenti e Merckx, il “cannibale”, vinceva quasi sempre. È stato crescendo che ho imparato ad amare Gimondi – che ho poi conosciuto e trovato irresistibile nella sua semplicità e simpatia. Ho amato “a posteriori” le sue sconfitte almeno quanto le sue vittorie, forse di più. Perché è per le sconfitte, per i tanti secondi posti conquistati senza mai arrendersi, oltre che per i trionfi, che Felice Gimondi è diventato Gimondi, un simbolo che travalica la dimensione dello sport e abbraccia la vita. Maurizio Crosetti lo ha scritto come meglio non potrei: “Circondati come siamo dai nostri “cannibali”, dai nostri impietosi, crudeli e in apparenza invincibili Merckx – una malattia, una grana in famiglia o sul lavoro, un affare o un amore finito male – l’indole stoica di Felice sembra indicarci che non esiste scelta, se non la dignità dell’impegno e il coraggio del possibile fallimento”.

Lara Magoni

Assessore al Turismo, Marketing territoriale e Moda Regione Lombardia

Erano gli anni Settanta e mio padre aveva appeso fuori dal nostro Bar di Selvino un cartello con scritto: “Forza Gimondi”.

È stato per la mia famiglia un esempio meraviglioso di caparbietà, tenacia e resilienza.

Ricordo con estrema lucidità quando mio padre sovente mi ricordava: «Se vuoi vincere devi pedalare come Gimondi».

Felice per noi va oltre quel campione che ha fatto la storia e che rimarrà nella storia, per noi continuerà ad essere quel meraviglioso uomo che rappresentava al meglio la nostra terra.

Porterò con me il suo sorriso di quando gli ricordavo l’aneddoto di mio padre al quale aggiungevo scherzosamente di essere stato per me “la pedalata costante” per diventare campionessa.

Grazie Felice per aver rappresentato per molti di noi uno splendido eroe!

Claudio Masnata

Marketing and Communication Manager F.I.V. E. Bianchi Spa

La storia di Bianchi non è fatta solo di prodotti, ma anche di campioni. Bianchi è l’unica scuderia ciclistica che può vantare nella propria storia un ventaglio di campioni così ampio, che partono dal mitico Fausto Coppi per arrivare fino a Primoz Roglic, oggi. Tra questi Felice Gimondi ha ricoperto sicuramente un ruolo speciale. È un caso forse unico di una relazione così intensa e duratura di un marchio con un campione. Felice è stato un nostro ambasciatore nel vero senso del termine, un testimonial dei valori di Bianchi. Una persona che ha saputo sempre stringere i denti per costruirsi un’immagine positiva in tutto il mondo. E di questo ne avevamo percezione chiara quando ci capitava di andare all’estero con lui e vedere quanto fosse noto. Passeggiare con Felice Gimondi sulle strade del Tour de France, ad esempio, era come andare in giro con una rockstar. Felice è sempre stato un gentiluomo, un campione in bici, ma anche e soprattutto nella vita. Anche dopo la sua carriera da corridore, ha sempre mantenuto un legame forte con la nostra azienda che traspariva da ogni sua parola e da ogni sua azione. Ha contribuito a creare la Mercatone Uno di Marco Pantani, di cui poi ne è stato anche presidente. È stato fondamentale per lo sviluppo della MTB in Bianchi. E negli ultimi anni, anche con la sua Granfondo abbiamo istaurato una partnership importante. Ci mancherà molto, come mancherà tanto a tutti. Credo che ora dobbiamo solo onorare al meglio la sua memoria e i suoi insegnamenti in tutto quello che facciamo.

Ernesto Colnago

Imprenditore

Felice per me era un amico fraterno. Amico suo e amico di tutta la famiglia. Mi è mancato un qualcosa con la sua morte perché noi ci sentivamo almeno una volta a settimana per parlare delle nostre cose. Di Gimondi devo dire che dal nulla, dalla povertà, si è costruito una grande carriera. Aveva un grande carattere, era un personaggio eccezionale. Poche parole, ma quelle poche che diceva erano parole sante, erano parole che venivano dalla gente che ha lottato nella vita, che dal nulla hanno costruito qualcosa. È sempre rimasto semplice, è rimasto umano. E questo si è capito ancora di più dopo la sua mancanza con tutte le persone che da ogni parte del mondo hanno ricordato non solo un campione, ma un uomo esemplare. La sua era una delle poche famiglie a cui sono legato nella mia vita. Diciamoci la verità, di amici ce ne sono pochi e lui era un amico vero.

Cav. Pietro Rosino Santini

Maglificio Santini

I primissimi ricordi che ho di Felice vanno indietro di tanti anni, quando ero ragazzino e con la maglia dell’Uc Sforzatica aveva partecipato a qualche gara in provincia, ma ho capito subito che non era il mio mestiere. A quei tempi tra i più forti c’erano proprio Felice Gimondi e Gianni Motta. Poi lui è diventato un campione e io ero un suo grande tifoso. Il rapporto più stretto tra noi è nato quando lui, ormai già campionissimo, era venuto alcune volte al velodromo di Dalmine anche ad allenarsi con gli azzurri della pista e io ero coinvolto con la Polisportiva come organizzatore e ho avuto modo di conoscerlo un po’ di più ed è cresciuta la nostra amicizia. Qualche anno dopo ho fornito la squadra Bianchi con i miei prodotti, siamo sempre stati vicini alle sue manifestazioni e il nostro rapporto si è fatto sempre più stretto, anche con le famiglie. Eravamo molto legati e la sua morte mi ha colpito molto perché ci ho sofferto parecchio. Felice era una persona di carattere, ma era anche molto generoso e altruista. Era un grande personaggio, un campione, ma anche un uomo rispettato e con lui tutte le porte erano aperte perché si era costruito una grande credibilità. Felice era un bergamasco e dire ciò non è solo una connotazione geografica, ma era portatore dei valori della nostra terra. Felice era una di quelle persone per cui la parola conta più della firma. Ci siamo aiutati tanto anche nei rispettivi rapporti di lavoro. Mi ha fatto conoscere tante persone, campioni ed imprenditori. Io sapevo di poter contare su di lui e lui sapeva di poter contare su di me.

Mauro Vegni, direttore del Giro d'Italia

Mauro Vegni

Direttore RCS Sport/Giro d’Italia

Felice Gimondi è una delle icone del ciclismo mondiale e in particolare italiano. È un corridore che ha onorato il Giro vincendolo tre volte, ma soprattutto si può apprezzare di lui l’uomo che non si è mai montato la testa dei suoi successi. È sempre stato un uomo schivo, è sempre stato a guardare di lato e mai come protagonista o come personaggio. Un po’ come tutta la famiglia Gimondi. Purtroppo, a noi è toccato anche il compito di ricordarlo con un evento, come Il Lombardia, che partiva dalla sua città. Era doveroso e comunque è un personaggio di una grandezza davvero importante che non dimenticheremo mai.

 Giovanni Bettineschi

Presidente Promoeventi Sport, organizzatore tappe bergamasche del Giro d’Italia

All’inizio della mia avventura di organizzatore nel mondo ciclistico per le tappe del Giro in provincia di Bergamo, Felice rappresentava per me soprattutto un grande campione, un mito che ogni volta che lo dovevo chiamare al telefono o lo dovevo incontrare per invitarlo ai nostri eventi mi emozionava. Col passare degli anni è diventato un amico. Un amico vero, una persona che stimavo e con cui condividevo tanti bei momenti. Essere con lui in tanti eventi per me era ogni volta un’emozione e soprattutto ricordo i viaggi quando lui mi raccontava degli aneddoti legati alla sua carriera e questi ricordi resteranno per sempre con me. Stiamo lavorando già a qualcosa di importante, magari già nel 2021 anche per ricordare la sua figura.

Beppe Manenti

Organizzatore GF Felice Gimondi e GimondiBike

Ogni giorno spero che entri dalla porta del mio ufficio e mi chieda come suo solito: “Allora tutto bene qui?”. Ma è una cosa che non succederà più e di conseguenza la cosa mi rattrista parecchio. Mi manca tanto. Soprattutto ora che stiamo preparando la nuova edizione della Granfondo ed è frequente imbattersi in immagini, fotografie e testi e quindi non passa ora che non butti un pensiero a Felice. È un brivido che provo ogni giorno al pensiero che negli anni le nostre manifestazioni andranno incrementate e supportate sempre di più per fare in modo che il suo nome non venga dimenticato da nessuno.

Il nostro rapporto era nato piano piano. Io avevo da poco smesso di gareggiare, mi ero un po’ introdotto in queste organizzazioni. Un rapporto che è nato in punta di piedi, ma che poi annualmente si è cementato in maniera importante. Per me inizialmente era un mito irraggiungibile e come tutti probabilmente abbiamo giocato con le biglie urlando “Dai Felice! Dai Felice!”. Poi è diventato un amico sincero con cui potermi confidare e chiedere dei consigli e parlare di ogni cosa. In particolare, era molto bello passare del tempo con lui in auto, perché lui in auto non si sentiva osservato e ascoltato e dava il meglio di sé. Tutta la sua vita, la sua carriera da campione, ma anche la vita quotidiana e la sua famiglia uscivano dai suoi racconti.

Don Mansueto Callioni

Parroco di Almè e guida spirituale della famiglia Gimondi

Felice è entrato nella mia vita, come in quella di milioni di tifosi, quando giovanissimo ha vinto il Tour de France. In quel periodo io mi trovavo in Seminario e tutti i compagni e i professori facevano il tifo per questo ragazzo bergamasco, uscito dall’Oratorio di Sedrina e che stava diventando un campione. Tutti riconoscevano che io fossi il più tifoso di tutti, tanto che iniziarono a soprannominarmi “Gimondi”, anche se io non andavo in bicicletta. Come ho avuto modo di dire durante l’omelia della sua cerimonia funebre, le sue vittorie davano forza a tante persone nella vita di tutti i giorni. Quando lui vinceva, vincevano anche i boscaioli italiani della Savoia. I suoi successi davano forza ai minatori italiani emigrati in Belgio. Le sue vittorie erano un riscatto sociale e davano coraggio a tanti italiani nel mondo.

Nel 1997, poi, sono diventato parroco a Sombreno di Paladina, lui e la sua famiglia frequentavano la messa, ci siamo conosciuti e siamo diventati amici. Subito ha voluto coinvolgere me e il nostro oratorio nella creazione di una scuola MTB per i bambini che è stata una grande gioia e che ancora oggi prosegue la sua missione. Era una cosa di cui lui andava molto orgoglioso e non perdeva occasione per parlare della sua scuola. A lui non interessavano i risultati. Voleva solo che i bambini andassero in bicicletta, che imparassero le regole e che ci mettessero sempre il massimo impegno. Anche in questo ci ha lasciato un grande insegnamento.

Gianluigi Stanga

team manager squadre professionistiche

I miei rapporti con Felice Gimondi sono cominciati quando lui ormai aveva smesso di correre. Era diventato presidente della squadra Bianchi ed io iniziavo la mia attività di direttore sportivo dei professionisti. Questo rapporto si è poi trasformato in amicizia, allargata anche alle rispettive consorti e alla famiglia. Quando mi sono trasferito a Sombreno gli ho fatto conoscere Don Mansueto che poi insieme abbiamo “messo in bicicletta”. Con Felice ci siamo trovati spesso anche in alcune commissioni ciclistiche. Il nostro era un rapporto franco, anche perché ci trovavamo in sintonia su molti temi. Insieme a Bettinischi siamo stati anche a Parigi per parlare con gli organizzatori del Tour per proporre il progetto della Grande Partenza in Italia. Un progetto ambizioso: presentazione a Venezia, una tappa in Veneto, una tappa a Bergamo e Milano e poi una in Piemonte prima del trasferimento in Francia. Un progetto che per evidenti motivi economici non ha potuto prendere forma.