Assolto l’autore del post Investirne uno per educarne 100
PISTOIA (PT) – Si è conclusa con un’assoluzione la prima fase del processo contro la persona che, tre anni fa, aveva postato sui social “Investirne uno per educarne 100”, in seguito a un incidente in cui era stato coinvolto un atleta professionista in Toscana. Il giudice del Tribunale di Pistoia si è espresso per l’assoluzione in quanto il fatto non costituisce reato. Una sentenza che non piace a Marco Cavorso e all’ACCPI (Associazione Corridori Ciclisti Professionisti Italiani), che avevano denunciato la persona per istigazione a delinquere aggravata dalla diffusione a mezzo informatico e che tra 135 giorni ricorreranno in appello.
Pubblichiamo integralmente la nota dell’ACCPI, con le dichiarazioni del presidente Cristian Salvato (nella foto di Dario Belingheri – BettiniPhoto©2019) e dello stesso Marco Cavorso.
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Nel nostro Paese puoi scrivere sui social network “investire un ciclista per educarne 100” riferendoti a un incidente stradale appena avvenuto e non subire alcuna conseguenza.
Puoi ammazzare un ciclista, scappare all’estero guidando il tuo camion e continuare a vivere come se nulla fosse mentre la persona che hai ammazzato è ancora in attesa dell’autopsia e la sua famiglia, devastata, non ha potuto ancora nemmeno organizzarle il funerale.
In Italia continuano a morire ogni giorno bambini e adulti, donne e uomini, studenti e lavoratori, ricchi e poveri, campioni e persone comuni, senza distinzione alcuna, perchè la violenza stradale non accenna a fermarsi e quella verbale contro gli utenti deboli invece di essere punita continua ad essere considerata accettabile.
Poco fa al tribunale di Pistoia si è conclusa la prima fase del processo contro l’odiatore di ciclisti che sul web 3 anni fa aveva aizzato alla violenza contro chi pedala, in seguito a un incidente in cui era stato coinvolto un atleta professionista in Toscana, e Marco Cavorso con l’Associazione Corridori Ciclisti Professionisti Italiani aveva denunciato per istigazione a delinquere aggravata dalla diffusione a mezzo informatico. Oggi il giudice si è espresso per l’assoluzione in quanto il fatto non costituisce reato. Entro 90 giorni verrà depositata la sentenza, entro 135 giorni si potrà fare appello. Cavorso e ACCPI intraprenderanno questa strada, il processo civile continuerà per rispettare la memoria di tutte le vittime della strada e per tutelare chiunque in questo Paese voglia muoversi usando la bicicletta. Mezzo il cui utilizzo dovrebbe essere incentivato e, invece, ancora una volta viene delegittimato e penalizzato.
Le strade italiane continuano a rappresentare un campo minato per i ciclisti, per questo il sindacato dei corridori professionisti italiani ha deciso di promuovere per la prossima domenica un’iniziativa a cui tutti sono invitati a partecipare, ovunque si trovino.
«Per ricordare Davide Rebellin e continuare a chiedere rispetto e tutele per chi pedala invitiamo chiunque quel giorno a pedalare con il lutto al braccio e a postare sui propri canali social messaggi rivolti alla sicurezza stradale con l’hashtag #unmetroemezzodivita e taggando @accpi. Rilanceremo i vostri messaggi con piacere perchè alla morte e alla violenza vogliamo rispondere con tutta la nostra voglia di vivere, la gioia di pedalare e il rispetto che merita ogni vita umana, anche quella di chi ci insulta e non si rende conto che quando è al volante è come se avesse in mano una pistola carica» commenta Cristian Salvato, presidente di ACCPI.
«L’esito dell’udienza contro uno dei tanti odiatori dei ciclisti è l’ennesimo schiaffo che riceviamo, ma non ci fermerà – aggiunge Marco Cavorso, responsabile alla sicurezza di ACCPI e papà di Tommy, ucciso a 13 anni mentre era in sella alla sua bici. – Lo dobbiamo a mio figlio Tommaso e a tutti quei ragazzi e ragazze che resteranno giovani per sempre. Come il metro e mezzo per il sorpasso sicuro, che anche quando diventerà legge non sarà la panacea a tutti i mali visto quanto è radicata la violenza verbale e fisica nella nostra società, ma sarà il primo passo per riconoscere che gli utenti deboli della strada hanno diritto al loro spazio vitale».