Jacopo Sasso: dall’argento agli Europei in pista al sogno Limburgo 2024
Trasferta in Germania, tanto per mettersi al collo la medaglia d’argento ai Campionati Europei juniores in pista; frenetico ritorno in Italia, con tanto di problemi per il maltempo e i voli cancellati e subito cambio di valigia (e di bicicletta) per essere al via al Giro del Veneto Juniores; sono state settimane impegnative per lo junior Jacopo Sasso (Team Tiepolo) che come i suoi colleghi pistard sta sfruttando ogni singolo minuto per mantenere alta una condizione che, considerati i grandi appuntamenti nel finale di stagione, non può essere lasciata andare in calo.
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Ma, per quanto il curriculum sportivo del 17enne di Bassano del Grappa sia impreziosito dagli allori sui velodromi italiani e stranieri, nei prossimi mesi il vicentino cercherà di primeggiare su strada. A confermarlo è il tecnico Marco Floreani, che da quest’anno sta seguendo la crescita di Jacopo e dei suoi nove compagni di squadra del Team Tiepolo (nella foto il tecnico con Jacopo e il preparatore Mattia Pezzarini).
«Il nostro programma prevede il 18 agosto la Coppa Linari, poi il 24 e 25 agosto la Due Giorni Internazionale di Vertova e poi il Giro della Lunigiana. L’obiettivo di queste gare sarà quello di rifinire la condizione e meritarci una maglia azzurra per gli Europei di metà settembre nei Paesi Bassi».
Visto l’argento nell’inseguimento individuale, oltre a svariati titoli italiani in pista, perché non puntare ai Mondiali in pista in Cina?
«La rassegna cinese ha un programma un po’ particolare; l’Italia e le altre nazioni dovranno portare pochi atleti versatili in grado di cimentarsi su più prove. Questo non significa che Jacopo abbandonerà i velodromi, tutt’altro: continueremo a frequentare Montichiari, con sedute di allenamento di qualità da quattro, quattro ore e mezzo che sono funzionali anche a chi vuole andare forte su strada».
Bassano del Grappa – Montichiari e ritorno sono quasi 300 km. Gran bel sacrificio…
«Sì, ma lo si fa con passione e con la consapevolezza che è un lavoro specifico che servirà all’atleta: in pista si ha una cartina tornasole scientifica di quello che è lo stato di forma di un ragazzo e quali sono le caratteristiche su cui si può lavorare».
Multidisciplinarietà, carichi di lavoro, competizione a livelli altissimi. Quanto è cambiato il ruolo di un tecnico negli ultimi 10 anni?
«Completamente stravolto. Prima si lavorava sui battiti cardiaci, ora si punta tutto sulla potenza che un atleta può esprimere, ovviamente in stretta collaborazione con i preparatori atletici, nel nostro caso, Mattia Pezzarini. La possibilità di avere parametri oggettivi su ogni ragazzo ci permette di calibrare anche i carichi di lavoro di atleti che, è bene ricordarlo, hanno 17 e 18 anni: ognuno ha il suo percorso di crescita che deve essere rispettato e tutelato, altrimenti si va incontro a problemi di sovraccarico muscolare e anche osseo, se pensiamo alla schiena o alle ginocchia».
Si sta chiedendo troppo a questi ragazzi?
«Si sta chiedendo molto, anche perché la categoria sta diventando la porta d’ingresso principale al mondo del professionismo, quindi bisogna farsi trovare pronti. Tuttavia come dicevo oggi ci sono maggiori strumenti per analizzare e pianificare gli allenamenti degli atleti; i tecnici e i preparatori atletici hanno fatto un salto di qualità per assecondare questa tendenza e i ragazzi hanno molta più consapevolezza di quello che devono fare a 360°, a partire dall’alimentazione, che è basilare. In fondo siamo ciò che mangiamo».
Due parole sulla multidisciplinarietà. Sembra che ora gli scettici siano meno, tuttavia si sta assistendo a un crescente numero di bikers che si approcciano alla strada a 17 anni. Pro o contro?
«Ci sono pro e contro, sia quando si parla di far coesistere strada e pista sia quando si parla di praticare strada e mtb. La pista ti dà il colpo d’occhio, una pedalata rotonda e come già detto parametri oggettivi sullo stato di forma; i ragazzi cresciuti in sella alla mtb hanno una muscolarizzazione particolare e sono capaci di fuorigiri ripetuti ed esplosivi, qualità che, se abbinate all’endurance, possono garantire una performance importante anche su strada. Certo le gare in strada hanno la logica del gruppo e richiedono quella capacità di limare che prima si acquisisce e meno si spende in corsa. Ma dal punto di vista di noi tecnici, far coesistere diverse specialità non è un tabù, quanto invece una possibilità. Certo sempre con programmazione e un occhio rivolto alla corretta crescita psicofisica del ragazzo».