ZURIGO – Una giornata da incorniciare per il paraciclismo italiano ai Mondiali di Zurigo 2024. Gli azzurri continuano a collezionare successi. Tra gli MH3, Martino Pini ha conquistato la medaglia d’argento, dimostrando carattere e determinazione.

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La gara ha visto Martino Pini confrontarsi con il francese Bosredon, considerato già alla vigilia pressoché irraggiungibile. Sin dalle prime fasi, l’azzurro è partito con un ritmo sostenuto, rimanendo agganciato al suo diretto avversario. Quando però Bosredon ha accelerato staccandosi, Pini ha saputo mantenere il controllo della corsa, gestendo il vantaggio sugli inseguitori. Bronzo al norvegese Christian Gyldenohr. Quinto posto per Mirko Testa, mentre Davide Cortini e Federico Mestroni tagliano il traguardo un giro di meno.

“Ho seguito le indicazioni del commissario tecnico”, ha commentato Martino Pini al traguardo. “Ho cercato di spingere forte in salita, il mio punto di forza, e poi di resistere fino alla fine. Correre sotto la pioggia non è l’ideale per me, ma oggi ho dato tutto quello che avevo. È stata un’esperienza davvero emozionante”.

La prima medaglia ai mondiali di Zurigo era arrivata proprio dal paraciclismo con l‘argento del Team Relay. In totale 14 medaglie il bottino totale per la Nazionale guidata dal CT Pierpaolo Addesi: “Il bilancio di questo Mondiale è decisamente positivo, non posso che ritenermi soddisfatto. Anche se abbiamo raccolto meno medaglie d’oro rispetto a Glasgow, va considerato che lo scorso anno atlete come Roberta Amadeo e Luisa Pasini correvano senza concorrenza. In alcune categorie avremmo potuto fare di più, ma alcune volate non sono andate come previsto. Questo ci dà la motivazione per migliorarci ulteriormente il prossimo anno”.

“L’argento di Pini vale come un oro, considerando che Bosredon era praticamente inarrivabile. Siamo felici di tornare a casa con questi risultati, frutto di un’esperienza unica. Desidero ringraziare la Federazione, che ci ha messo nelle migliori condizioni per competere, lo staff che cura ogni dettaglio e, soprattutto, gli atleti che hanno dato il massimo in un anno impegnativo come quello olimpico”.