#AMOLABICI – La bicicletta nell’arte, al cinema e nella letteratura
Tanti scrittori e giornalisti sono stati grandi appassionati di ciclismo. Anche in tempi lontani, anche quando la bicicletta era soltanto una ragazzina e non aveva ancora le sue forme mature… Non sapevo tuttavia che tra gli scrittori appassionati di ciclismo ci fosse anche il grande Mark Twain, l’autore di romanzi indimenticabili come Tom Sawyer e Huck Finn. Romanzi che forse qualcuno di voi ha letto, magari da ragazzo. Se non lo avete fatto, andate a recuperarli e godeteveli. Con un’accortezza: prendete delle buone traduzioni, per esempio quella di Gianni Celati che riesce a restituire la freschezza e lo spirito del linguaggio di Twain, una parlata molto semplice, quasi dialettale, colorita…
Non sapevo che nel suo romanzo fantastico “Uno Yankee alla corte di re Artù”, proprio la bicicletta avesse un ruolo importante. Ho scoperto che Mark Twain cominciò a pedalare il 10 marzo del 1884, in sella a un biciclo, una ruota piccola e l’altra grande (127 centimetri di diametro), nel giardino della sua abitazione ad Hartford che, al tempo, era la capitale della bicicletta perché lì si trovava la fabbrica più importante degli Usa, fondata nel 1878 dal colonnello Albert Augustus Pope. Alla fine del XIX secolo, vendeva 250 mila bici all’anno. Fu proprio il colonnello Pope a inviare una bici a Twain che, in quel periodo, era il più famoso degli scrittori americani. E insieme alla bici gli mandò un istruttore. Ci impiegò una settimana, Mark Twain, per imparare a pedalare in maniera decente. Cadde un sacco di volte, ma non si fece mai veramente male, anche perché aveva sempre accanto “The expert”, l’istruttore.
La bicicletta è protagonista di tanta arte, di tanta letteratura. Mi vengono in mente delle scene di La Vita è Bella, di Benigni, quando lui porta a spasso il suo bimbo e sua moglie. Mi viene in mente Ladri di biciclette. ripenso a diversi romanzi, anche abbastanza recenti, come “Jack Frusciante è uscito dal gruppo” di Brizzi, e a film come il Postino, Totò al Giro d’Italia… e canzoni… e opere d’arte: per i futuristi italiani la bicicletta era una fonte di ispirazione.
Del resto, ogni cosa importante della vita diventa motivo di ispirazione. E la bicicletta per tanti di noi è molto importante, è il mezzo che ci consente di trasformare la nostra forza, che per una magia tecnologica fa in mondo che le nostre gambe possano sviluppare velocità impensabili e percorrere distanze incredibili. Tutto soltanto con la forza dei nostri muscoli. Forse è per questo che la bici regala un senso di libertà, di indipendenza.
Perché non si dipende da un motore, non si dipende da carburanti. Il mezzo tecnologico esiste, certo, ma aspetta la nostra spinta, la nostra forza. Siamo protagonisti. E negli ultimi decenni, l’andare in bicicletta ha assunto un valore ecologico che una volta non aveva, semplicemente perché il tema dell’ambiente era poco – o per nulla – sentito.
È facile avanzare una previsione: nei prossimi anni la bicicletta, assistita o meno, diventerà sempre più importante e forse contribuirà a cambiare in maniera radicale le abitudini di vita, e magari anche i rapporti di potere. Questo secondo elemento non è per nulla scontato, mi rendo conto che si tratta anzi di una previsione azzardata. Ma mi piace pensarlo: in fondo, il sindaco della nostra città (Bergamo), Giorgio Gori, gira abitualmente in bicicletta (pedalata assistita perché abita in Bergamo Alta). Esattamente come il mio amico Salu, senegalese che fa il parcheggiatore abusivo vicino a casa mia. Due bici diverse, ovvio, ma sempre due biciclette e quindi forse anche due modi di pensare non così lontani…
Questi giorni di gennaio sono dolci, le temperature salgono sui dieci, dodici gradi e fanno venire voglia di riprendere la bicicletta da corsa. Ci sono alcuni miei amici che al sabato e alla domenica mattina si fanno sgroppate da cento chilometri, come se fosse primavera. Io no, questo tempo lo dedico al lavoro. Però cerco di tenermi in movimento, faccio due o tre volte la settimana una bella camminata da casa mia fino al colle di San Vigilio, 250 metri di dislivello e un’oretta di cammino (andata e ritorno). Così quando ci sarà da tornare in sella non sarò proprio “seduto”. Buone pedalate a tutti e ancora: buon anno!
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Paolo Aresi – giornalista e scrittore.
Dal 2015 cura la rubrica “#AMOLABICI, le Cicloctorie di Paolo Aresi” sul sito www.bicitv.it.
Il ciclismo è una sua grande passione, ha trascorso l’infanzia tifando Felice Gimondi.
Pedala con una certa energia, ma il poco tempo a disposizione lo penalizza.