Il mio 25 aprile, quello del ciclismo: i ricordi del Gp della Liberazione, Eugenio Bomboni e quei mitici 23 giri del circuito di Caracalla
ROMA (RM) – Tra i tanti post che sui social celebrano oggi la giornata del 25 aprile, ci ha colpito uno in particolare. Perché a tema ciclistico. Perché ricorda uno degli eventi più belli e gloriosi del nostro movimento che si svolgeva sempre in questa giornata. Perché è un affresco di un qualcosa che tutti noi abbiamo vissuto o sentito raccontare e che oggi, come tante altre cose, ci manca più che mai.
È un post affidato al profilo Facebook, scritto dal collega giornalista e amico Livio Iacovella, che ha vissuto da vicino per tanti anni questo splendido evento che faceva parte della storia e della cultura del nostro sport e del nostro Paese. Non ce ne vorrà, ma abbiamo voluto riprenderlo e pubblicarlo anche sul nostro sito. Farà piacere a tanti appassionati leggerlo, commuoversi con le sue parole e col pensiero pedalare con l’immaginazione fino a Roma per essere di nuovo lì, tutti insieme, a festeggiare, oggi più che mai, la nostra Liberazione.
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Questo il post di Livio Iacovella:
Il mio 25 aprile
La mia Festa della Liberazione si è sempre vestita con i colori del ciclismo. Il ciclismo della Primavera Ciclistica che in questo giorno dava appuntamento a tutti i migliori giovani in quello che da sempre ho sentito chiamare “Il campionato del mondo di primavera”.
La mattina del 25 aprile si sceglieva con cura l’abito da indossare e la cravatta a stringere al collo; la corsa di Eugenio Bomboni era infatti l’appuntamento più importante dell’anno al quale si andava eleganti, puliti e pettinati. Arrivavano a Roma i dirigenti del ciclismo, i direttori sportivi più importanti, i giovani di cui si erano lette le notizie e viste le foto su Tuttociclismo che riportava le classifiche dei dilettanti divisi per serie. Ogni corsa assegnava dei punti ma solo quelli che finivano tra i primi potevano pensare di passare professionisti.
Il Gran Premio della Liberazione, invece, faceva storia a sè. Chi vinceva aveva quasi sempre il contratto garantito.
Si andava in viale delle Terme di Caracalla per incontrare anche i giornalisti importanti; quelli della Gazzetta, del Corriere dello Sport e di Tuttosport. C’erano poi il Ginetto (Gino Sala de L’Unità), l’immenso Renato Cavina con i suoi fax, perle d’una poesia improvvisata che mi è rimasta nel cuore, i giornalisti dal Belgio e tantissimi altri. Enzo e Claudio di BS, che seguivano i corridori fino al controllo antidoping e li mollavano solo quando le ammiraglie prendevano la via di ritorno a casa. Si poteva salutare Lamberto Righi, lo speaker con l’inseparabile tabellone dei nomi dei corridori scritti di notte a macchina. Poi i componenti della segreteria organizzativa che arrivava dalla Romagna; gente esperta che dettava a memoria gli arrivi e le classifiche ai giudici. I fotografi, fra tutti Tonino Giuliani, a cui ho rubato questa foto. Tanti, tantissimi altri. Chi non poteva venire a Caracalla accendeva la TV verso le 12.00; la RAI mandava persino l’elicottero a riprendere in diretta le immagini finali della corsa.
Si andava presto alle Terme di Caracalla per non perdere nemmeno un particolare di questa grande giornata di festa a cui Eugenio Bomboni dedicava anima e corpo.
Che magnifici ricordi mi legano a questa giornata romana, passata ad indovinare il futuro dei corridori arrivati da tutto il mondo.
Quasi sempre c’era poco tempo per festeggiare; subito dopo l’arrivo si partiva a tutta velocità per il prologo del Giro delle Regioni, spesso già nel pomeriggio in Toscana.
Che scuola sono stati per me il Gran Premio della Liberazione e il Giro delle Regioni. Che privilegio ho avuto a conoscere Eugenio che mi insegnò, tra l’altro, la differenza fra “fare una corsa” (come si diceva in gergo romano) e “organizzare una corsa”. Eugenio era un tipo a volte un po’ brusco ma con uno slancio affettuoso capace di farti dimenticare ogni suo rimprovero, ogni sua sfuriata.
Ho tantissimi ricordi di Eugenio e della sua squadra multiforme e multilingue. Tra tutti scelgo la sua visione dell’organizzazione che nasceva da una lavagna enorme che c’era nello stanzone al Velodromo Olimpico. Su quella lavagna egli annotava rigorosamente ogni aspetto: Il Paese della squadra (che solo a scorrere quella colonna era come vivere un vero e proprio viaggio tra le terre più lontane al mondo), il giorno e l’orario di arrivo a Fiumicino, gli autisti e le targhe delle auto che li avrebbero portati a Roma e poi al Giro delle Regioni, il nome dell’interprete, i visti d’ambasciata e così via. Rigorosamente tutte le note utili al rientro in patria. Quella lavagna era un’enorme matrice excel con tanto di colonna finale per le annotazioni più strane come, nel caso di corridori di fede musulmana, per l’hotel, il ristorante e il responsabile dei rifornimenti in gara.
Si sta facendo tardi, devo correre a prepararmi. Tra poco si parte; in programma 23 giri del circuito di Caracalla…………..
Evviva il Gran Premio della Liberazione
Evviva la libertà
Evviva la gioventù
Livio Iacovella
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La storia del Gran Premio della Liberazione
Il Gran Premio della Liberazione è una corsa in linea maschile di ciclismo su strada che si disputa annualmente a Roma, in Italia, il 25 aprile. È riservata alla categoria Under-23, e dal 2005 fa parte del calendario dell’UCI Europe Tour come evento di classe 1.2MU. Le ultime due edizioni non si sono disputate.
Disputata per la prima volta nel 1946, fino al 2004 è stata riservata alla categoria “Dilettanti”.
La corsa si svolge attorno alle Terme di Caracalla ed ha visto negli anni successi prestigiosi, tra i quali su tutti spicca quello di Gianni Bugno nel 1985. Degne di nota sono anche le vittorie di Claudio Golinelli nel 1983, di Dmitrij Konyšev nel 1987, di Alessandro Bertolini nel 1993 e di Lorenzo Bernucci nel 2000. L’ultimo vincitore, nel 2018, è stato il veronese Alessandro Fedeli.
È organizzata dal “Velo Club Primavera Ciclistica” del patron Eugenio Bomboni.
Albo d’oro del Gran Premio della Liberazione [fonte Wikipedia]