Covid-19, l’UCI e il ciclismo esempio di gestione positiva per il mondo dello sport
AIGLE (SVIZZERA) – L’UCI WorldTour 2020 e l’UCI Women’s WorldTour si sono conclusi domenica con l’arrivo rispettivamente della Vuelta Ciclista a España e del Ceratizit Madrid Challenge della Vuelta nella capitale spagnola, Madrid. Questa stagione rimarrà storica a causa della difficile situazione sanitaria senza precedenti legata alla pandemia da Covid-19 che ha giocato un ruolo determinante anche per i due principali circuiti del ciclismo professionistico maschile e femminile su strada.
Dopo l’arresto completo dello sport a metà marzo, l’UCI WorldTour e l’UCI Women’s WorldTour sono ripartiti il 1° agosto, aderendo al protocollo sanitario dell’UCI, con la Strade Bianche maschile e femminile (Italia). In totale, dopo cancellazioni e rinvii di eventi, l’UCI WorldTour 2020 ha potuto svolgersi, con 21 eventi e 121 giorni di gara, di cui 17 eventi e 101 giorni di gara da agosto ai primi di novembre durante il periodo della pandemia. Per le donne, quasi tutti gli 11 eventi e i 21 giorni di gara si sono svolti sotto le restrizioni imposte dalla situazione sanitaria internazionale. Solamente la Parigi-Roubaix e la Parigi-Roubaix Femmes e la Amstel Gold Race e la Amstel Gold Race Ladies sono state cancellate nel nuovo Calendario internazionale dell’attività su strada redatto dall’UCI il 5 maggio 2020.
Con 54 risultati positivi (di cui solo la metà tra i corridori) su 13.850 test PCR effettuati sulle squadre, il tasso di prevalenza, che corrisponde al numero di persone malate o contagiate in una popolazione, è dello 0,34% (e solo lo 0,17% per gli atleti) nelle due massime serie per il ciclismo su strada. Questi tassi sono molto più bassi rispetto ai livelli che si registrano nella popolazione generale dei vari Paesi, che spesso raggiunge il 10% o più. L’UCI è molto soddisfatta di questi risultati e ritiene che la situazione sanitaria sia rimasta sotto controllo grazie allo sforzo congiunto di tutti coloro che si occupano del mondo del ciclismo.
Ricordiamo che l’UCI ha pubblicato il protocollo sanitario in vista della ripresa delle competizioni ciclistiche il 19 giugno 2020. È stato redatto da un gruppo direttivo composto da rappresentanti delle diverse componenti del mondo del ciclismo (ciclisti, squadre e organizzatori) e da medici di squadra, sotto la direzione del direttore medico dell’UCI, il professor Xavier Bigard. Il protocollo ha utilizzato il principio della bolla della gara, composta da corridori e personale della squadra, che dovevano rimanere isolati e protetti dagli altri componenti della manifestazione (organizzazione, funzionari, media e ospiti). Una serie di test pre-gara è stata resa obbligatoria, così come test di follow-up nei giorni di riposo dei tre Grandi Giri. I metodi di PCR, riconosciuti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dalle autorità nazionali competenti come i più precisi per l’individuazione del Coronavirus, sono stati scelti dall’UCI per i test.
Il protocollo UCI ha fornito agli organizzatori dell’UCI WorldTour 2020 e dell’UCI Women’s WorldTour 2020 i requisiti per la ripresa delle competizioni, nel rispetto della normativa vigente nelle regioni dei Paesi ospitanti. Questo protocollo, insieme all’aggiornamento e alla pubblicazione dei nuovi calendari 2020 di entrambe le serie, ha rappresentato un elemento centrale per la ripresa della stagione del ciclismo professionistico su strada, data la situazione sanitaria internazionale estremamente incerta.
Il protocollo UCI, e il suo principio della bolla all’interno delle competizioni, è stato poi esteso ad altre discipline, in particolare alla mountain bike, alla pista e, recentemente, anche al ciclocross.
Grazie a questo protocollo è stato anche possibile organizzare i Campionati del Mondo su strada a Imola (Italia) e per la mountain bike a Leogang (Austria).
In totale, in tutte le discipline interessate, sono stati registrati 63 casi positivi (solo 29 dei quali riguardavano gli atleti) su 18.650 test PCR effettuati su corridori e membri dello staff delle squadre durante 29 gare femminili e 94 gare maschili (tra cui l’UCI WorldTour e l’UCI Women’s WorldTour), oltre a due Campionati del Mondo. Il tasso di prevalenza è dello 0,30%, e solo la metà (0,15%) quando si tratta solo di atleti.
L’organizzazione di grandi eventi ciclistici internazionali è stata ampiamente riconosciuta e accolta come un risultato notevole dal mondo dello sport, anche dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO) e dal suo Presidente Thomas Bach. Il ciclismo è riuscito ad affrontare questa sfida senza precedenti grazie alla sua capacità di reazione, al suo spirito di unità e al suo senso di sacrificio in un periodo di estrema incertezza.
Il direttore medico dell’UCI, il professor Xavier Bigard, ha dichiarato: “Il protocollo sanitario è stato un elemento chiave per la ripresa del calendario internazionale dell’UCI, soprattutto per il ciclismo su strada. Il suo principio (bolla di gara) e i test effettuati (con il metodo PCR) si sono dimostrati validi. I corridori, le squadre e gli organizzatori vanno elogiati per il loro senso di responsabilità e il loro impegno. Da agosto a novembre hanno rispettato misure estremamente severe senza le quali non sarebbe stato possibile ottenere l’assenso delle autorità competenti per organizzare gare ciclistiche nel contesto dell’attuale situazione sanitaria mondiale. Desidero, inoltre, ringraziare calorosamente tutti i medici delle squadre per la loro piena collaborazione, senza la quale la stagione 2020 non sarebbe stata possibile. Infine, rendo omaggio allo spirito di unità e responsabilità di tutti che, dalla stesura del protocollo alla sua attuazione, ha permesso al nostro sport di esistere nonostante la pandemia”.
Numeri e bilanci che mettono in evidenza il ciclismo come uno degli sport virtuosi nella gestione dell’emergenza. Vero che si tratta di uno sport che si svolge all’aperto e considerato di prossimità e non di contatto, ma certo le dinamiche di svolgimento delle competizioni non sono di facile gestione. Pensate ad un Grande Giro dove ci sono 170 corridori che gareggiano insieme, in modo consecutivo per 21 giorni, e soprattutto muovono una grande carovana con altre migliaia di persone al seguito. Se paragoniamo i numeri del ciclismo rispetto ad altri sport i dati fanno riflettere molto.
Pensiamo, ad esempio, al calcio. Solo nella prima settimana di novembre in Italia i giocatori risultati positivi dall’inizio della pandemia nella sola serie A sono stati 105. Numeri che vanno notevolmente moltiplicati se si parla di casi positivi a livello europeo. Le proporzioni tra numero di tesserati e test positivi dicono che non stanno affatto messe meglio del ciclismo nemmeno le massime serie di baseball americano, la NBA di basket, e la NHL, la massima lega USA di hockey su ghiaccio. Numerosi i casi, anche in Italia, nel nuoto e anche l’atletica ha fatto registrare, in percentuale al numero di atleti, numeri più alti del ciclismo superando la percentuale di 1,8%.
Efficace, aggiungiamo noi, si è rivelata a livello nazionale anche l’adozione del protocollo sanitario e delle linee guida dettate dal Ministero dello Sport e dalla Federazione Ciclistica Italiana che hanno permesso di riprendere, dalla fine del mese di luglio, l’attività ciclistica anche a livello nazionale e giovanile in totale sicurezza.